Il Tribunale di Roma, con sentenza dell’8 agosto, ha chiuso il primo round di una vicenda complessa che senza dubbio si trascinerà ancora nei tribunali nazionali e poi, forse, in quelli internazionali (fecondazione eterologa). Il Tribunale ha respinto il ricorso di una coppia che aveva fatto ricorso alla procreazione assistita ma, per un errore commesso dagli operatori sanitari, gli embrioni era stati trapiantati a un’altra coppia. Quest’ultima aveva deciso di tenere il bambino. Di qui l’inizio della controversia giudiziaria che ha spinto la coppia geneticamente titolare dell’embrione a ricorrere in sede giudiziaria chiedendo di conoscere la data di nascita del neonato e di ottenerne la consegna. In realtà, il neonato è nato in anticipo e, di conseguenza, la coppia ha chiesto che fosse affidato a una struttura idonea. A queste richieste si è opposta la coppia biologica. Un ginepraio che il giudice ha risolto in modo ineccepibile, tenendo conto degli orientamenti internazionali e riuscendo così a colmare una lacuna del nostro ordinamento. Tra i genitori genetici e quelli biologici, il Tribunale ha dato ragione a questi ultimi, soprattutto tenendo conto che, in assenza di un quadro normativo specifico, è necessario considerare le fonti esistenti, seppure alla luce delle particolarità del caso non ascrivibile sic et simpliciter a un caso di fecondazione eterologa trattandosi di una “fecondazione eterologa da errore”, né a una maternità surrogata. Nell’esame delle fonti, il giudice, in primo luogo è partito dall’articolo 269 c.c. in base alla quale “la maternità è dimostrata provando la identità di colui che pretende di essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre”. Il principio cardine è, quindi, la maternità naturale legata al fatto storico del parto. A ciò si aggiunga che in tutte le sentenze che, a diverso titolo, hanno visto conflitti tra i diversi interessi in gioco, si è dato rilievo alla responsabilità genitoriale che caratterizza il rapporto di filiazione nonché alla valutazione “del dato concreto del legame affettivo familiare”, con un posto di primo piano per l’interesse del minore (secondo quanto stabilito dalla Convenzione sui diritti dell’Infanzia approvata dalle Nazioni Unite il 20.11.1989 e ratificata in Italia dalla L. n. 176/91), nonché del “principio di “autoresponsabilità” che deve sottendere al rapporto genitoriale”. A ciò si aggiunga che, con la riforma del 2013, il concetto di famiglia si è sganciato dal dato biologico e genetico, “venendo concepita sempre più come luogo degli affetti e della solidarietà reciproca”. In questa direzione anche gli organi giurisdizionali internazionali. Di recente, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con una pronuncia del 26 giugno 2014, ha condannato la Francia per non aver trascritto il rapporto di filiazione derivante da una maternità surrogata. Il dato genetico non ha proprio assunto rilievo. Anche in relazione alle nuove norme sul disconoscimento della paternità, si dà rilievo al diritto della personalità “costituito dal diritto all’identità…sganciato dalla verità genetica della procreazione e sempre più legato al mondo degli affetti ed al vissuto della persona cresciuta ed accolta all’interno della famiglia”. Queste valutazioni portano il giudice italiano a concludere che “Non può più ragionevolmente ritenersi che il principio della verità genetica nei rapporti di filiazione sia sovraordinato rispetto agli altri interessi in conflitto”. Tra l’altro se si privilegiasse la madre genetica su quella biologica si avrebbe una soluzione incompatibile con il diritto all’intangibilità del corpo della donna con una soluzione “gravemente lesiva della dignità umana della gestante”. A ciò si aggiunga che la scienza ha dimostrato che sin dalla gravidanza si crea un legame simbiotico con il nascituro che verrebbe compromesso se il neonato fosse sottratto alla madre biologica. Senza dimenticare che il neonato è già nato e vive con la coppia biologica. Di conseguenza, il tribunale ha ritenuto infondate le questioni di costituzionalità e ha rigettato il ricorso per carenza del fumus boni iuris.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/maternita-surrogata-e-trascrizione-necessario-assicurare-i-diritti-del-minore.html nonché http://www.marinacastellaneta.it/blog/bocciata-a-strasburgo-la-legge-sulla-fecondazione-assistita.html
Per un commento alla pronuncia della Corte di appello di Bari citata nella sentenza del Tribunale di Roma si veda commento maternità surrogata
Aggiungi un commento