Estradizione in Russia: stop dalla Cassazione

L’invasione russa all’Ucraina irrompe anche nei procedimenti di estradizione. La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 10656/22, depositata il 24 marzo (10656) ha accolto il ricorso di una cittadina russa che aveva impugnato la sentenza della Corte di appello di Milano con la quale era stata ammessa la richiesta di estradizione arrivata dalla Federazione Russa. La donna era stata colpita da un mandato di cattura emesso dalle autorità russe e arrestata dalla autorità italiane. Era arrivato il via libera all’estradizione non sussistendo ragioni ostative alla consegna, anche se la donna sosteneva che vi erano rischi per la sua detenzione in Russia in quanto ex appartenente al KGB. Le autorità russe contestavano le obiezioni sostenendo che nel Paese era garantito il rispetto dei diritti dei detenuti. Prima di tutto, la Corte di Cassazione ha chiarito che la Corte di appello non aveva operato alcuna confusione sul reato ascritto all’estradanda e che non erano presenti elementi per ritenere che si fosse in presenza di un’estradizione mascherata funzione a una persecuzione politica. Respinti questi motivi di ricorso, la Corte di Cassazione, però, ha annullato la sentenza con un rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano perché i giudici di appello non hanno adeguatamente considerato i rischi derivanti dal trattamento carcerario e dal rispetto dei diritti fondamentali. La donna, infatti, aveva presentato elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati “in merito alle condizione di detenzione vigenti nello Stato richiedente, idonei a fondare il timore che la sua estradizione preluda a un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona”, che non possono essere superati dal richiamo alle “rassicuranti informazioni” arrivate dalla Russia. Inoltre, – osserva la Cassazione – i rischi risultano ancora più significati proprio “con riferimento ai recenti drammatici sviluppi degli eventi bellici in Ucraina”. E’ mancato poi un accertamento della tipologia di pena prevista per il reato oggetto di estradizione e non sono state valutate le condizioni della ricorrente che aveva presentato una documentazione clinica che doveva essere considerata dalla Corte di appello.

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