Esecuzione sentenze CEDU: queste le buone prassi

Buone prassi e storie di successo da prendere a modello per garantire la piena esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo sul piano interno e assicurare, così, il ruolo sussidiario di Strasburgo rispetto all’applicazione dei diritti umani sul piano nazionale. Nel rapporto del relatore sull’attuazione delle sentenze Cedu, Pierre Yves Le Borgn, presentato all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a gennaio (AS/Jur/Inf (2016)04, 12d802b0) sono indicati alcuni esempi selezionati che mostrano un effettivo miglioramento dello stato di attuazione anche a livello interno, anche se non mancano zone d’ombra. Le sentenze della Corte europea – osserva Le Borgn’ – richiedono di frequente cambiamenti, realizzati o attraverso interventi di organi supremi, incluse le corti costituzionali nazionali o attraverso modifiche legislative di carattere generale. In molti casi, tra l’altro, gli Stati per evitare un accertamento di una violazione sul piano internazionale, con dichiarazioni unilaterali procedono a modificare il quadro interno e a indennizzare le vittime. Tra le buone prassi, l’analisi effettiva, ad ampio raggio, della giurisprudenza della Corte e la previsione di interventi legislativi anche prima di sentenze rivolte direttamente contro il proprio Stato.

Tra i risultati positivi riguardanti l’Italia, il relatore cita la sentenza Lucà contro Italia del 27 maggio 2001 che ha portato modifiche legislative in ordine alle dichiarazioni rese da coimputati prima del processo, il caso Godelli del 25 settembre 2012, con il quale è stata riconosciuta l’incompatibilità del sistema legislativo che vieta il diritto di accedere a notizie sulle proprie origini del minore abbandonato, sentenza che ha condotto alla dichiarazione di incostituzionalità della norma della legge n. 184/83 da parte della Corte costituzionale, la pronuncia Torreggiani con le modifiche in materia di esecuzione della pena.

In alcuni casi, piuttosto che procedere a modifiche legislative, gli Stati hanno cercato di indirizzare l’operato dei giudici nazionali. E’ il caso della Russia che, a fronte di alcune sentenze di condanna per violazione della libertà di espressione per le sanzioni a giornalisti che avevano criticato pubblici ufficiali, ha cercato di risolvere la questione con il Plenum della Corte suprema che ha indirizzato ai giudici nazionali una nota al fine di applicare gli orientamenti di Strasburgo.

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