Un filo diretto tra la Corte europea dei diritti dell’uomo e il legislatore italiano che ha portato a un sensibile miglioramento della situazione dei ricorsi pendenti e, quindi, a una diminuzione del contenzioso dinanzi a Strasburgo. Nel 2014, inoltre, si legge nella relazione annuale sull’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia presentata dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri RelazioneCd), sono diminuiti di molto gli indennizzi che l’Italia ha dovuto pagare alle vittime di violazioni accertate da Strasburgo. La nona relazione annuale, prevista dalla legge n. 12/2006, analizza non solo le più significative modifiche adottate dopo pronunce della Corte europea, ma anche l’applicazione dei diritti convenzionali sul piano interno, con particolare riguardo alla Corte costituzionale e alla Cassazione. Se nel 2013 la Corte aveva attribuito alle vittime che avevano presentato ricorsi contro l’Italia, nel complesso, ben 71.284.302 di euro, nel 2014 l’importo è sceso a quota 29.540.589 (l’Italia, però, nel 2014 ha liquidato solo poco più di 5 milioni di euro contro i 61 del 2013). Una riduzione di 59 punti percentuale dovuta anche all’utilizzo di procedure conciliative e ai Piani d’azione con procedure transattive, come quello seguito alla sentenza Torreggiani. Un modello – si legge nella relazione – “indicativo di una svolta emblematica nei rapporti di collaborazione instaurati con la Corte”. I risultati: diminuzione del 30,55% dei ricorsi assegnati a una formazione giudiziaria a Strasburgo. Certo, rimane ancora alto il numero di ricorsi (10.1000), ma con una diminuzione rispetto ai 14.400 casi del 2013. E già i primi mesi del 2015 hanno condotto a risultati ancora più positivi perché la quota di ricorsi è scesa a 8.800. Non mancano però le questioni problematiche: non è ancora chiuso il capitolo riguardante i ricorsi seriali dovuti ai ritardi nella liquidazione degli indennizzi ex legge Pinto. Preoccupa, poi, il numero rilevante di ricorsi in materia di leggi retroattive, di asilo e respingimento e di danni per emotrasfusioni e vaccinazioni obbligatorie. Pende, inoltre, il ricorso “Idep s.a. e altri”, una società che contesta all’Italia la violazione dell’articolo 6 della Convenzione (equo processo) perché, con la modifica del regime di prescrizione in materia penale con l’ex Cirielli, di fatto, ha ridotto il termine anche per le azioni civili per il risarcimento dei danni verso i responsabili della gestione del patrimonio del gruppo.
Tra i casi pendenti dinanzi alla Grande Camera, il divieto di sperimentazione scientifica su embrioni umani (la sentenza è prevista per giovedì 27 agosto), gli effetti della maternità surrogata all’estero e la confisca senza reato, che vede nuovamente sotto i riflettori della Corte, la vicenda Punta Perotti. Sul fronte dell’esecuzione delle sentenze depositate nel 2014, per attuare la pronuncia Cusan sull’attribuzione del cognome materno, l’Italia è partita subito con l’adozione, da parte del Consiglio dei ministri, di un disegno di legge ma poi tutto si è fermato. Con il rischio di nuovi ricorsi. Tuttavia, è la questione del ne bis in idem a provocare più problemi nell’attuazione anche perché il divieto di cumulo di sanzioni penali e amministrative – segnala la relazione – coinvolge gli accertamenti amministrativi tributari, gli illeciti riguardanti la circolazione stradale, quelli depenalizzati e i procedimenti disciplinari in materia di impiego. Con la necessità di una revisione generale. Non decolla l’azione di rivalsa introdotta con l’articolo 43 della legge n. 234/2012. Nel 2014, il Governo ha avviato 7 azioni di rivalsa (per un totale di 1.628.240 euro) delle quali 5 nei confronti di enti territoriali e 2 verso enti trasformati in società per azioni, ma nulla è andato avanti per i contrasti sulla gradazione delle responsabilità.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/italia-boom-di-pagamenti-per-gli-indennizzi-dovuti-alle-violazioni-della-cedu.html
Ottavio Milano
novembre 20, 2016In quanto alla rivalsa, forse costituisce il vero e unico deterrente acchè si continui con le espropriazioni che violano l’art.1 prot.1 . Che fosse solo il Governo a pagare le sentenze della corte EDU era un bell’incentivo alla pratica vessatoria di sottrarre beni ai privati, mascherandoli con la p.u., ma in realtà facendone frutto illecito del potere politico. Ora cmq la sent. CCost 219/16 non potrà essere ignorata e nello specifico, il Giudice nazionale dovrà sciogliere il nodo gravante sul Comune di san Ferdinando di Puglia. Domanda: il Governo farà azione di rivalsa anche sul com. di Bari?…. Punta Perotti