No all’immunità dalla giurisdizione nei confronti di istituti ecclesiastici della Chiesa cattolica che hanno funzioni di educazione e istruzione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza n. 21541/17 depositata il 18 settembre (21541) con la quale la Suprema Corte ha accertato la giurisdizione del giudice italiano con riguardo a un’azione di un dipendente della Pontificia Università Lateranense (PUL), rigettando l’eccezione dell’immunità prospettata dal convenuto. La controversia ha al centro il ricorso di un assistente volontario della PUL che aveva avuto contratti di ricerca e tutorato con l’Università convenuta. L’uomo, nel suo ricorso, chiedeva la reintegra nel posto di lavoro, il riconoscimento delle differenze retributive e previdenziali nonché il risarcimento del danno subito, richiedendo l’applicazione dell’articolo 73 della legge n. 218/95 nonché della Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali. L’ente convenuto aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano e, in particolare, del Tribunale ordinario di Roma come giudice del lavoro. Una tesi respinta dalla Suprema Corte. Prima di tutto, la Cassazione ha escluso di poter qualificare la Pontificia Università come ente centrale della Chiesa cattolica ai sensi dell’articolo 11 del Trattato Lateranense del 1929 che considera esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano unicamente gli enti centrali della Chiesa cattolica. E questo alla luce delle regole d’interpretazione proprie del diritto internazionale generale, dell’Accordo tra Stato e Chiesa del 1984 e della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. Proprio applicando le regole d’interpretazione proprie dell’ordinamento internazionale, la Cassazione ritiene che l’ente centrale deve essere inteso come un ente che partecipa direttamente all’organizzazione centrale del Governo della Chiesa cattolica, sottolineando la differenza tra enti centrali e enti gestiti dalla Santa Sede. Pertanto, l’obbligo di non ingerenza assunto dall’Italia riguarda unicamente gli enti centrali ubicati sul territorio dello Stato italiano e non gli enti di educazione. A ciò si aggiunga – precisa la Cassazione – che il rapporto lavorativo a cui fa riferimento il ricorrente, accertate le mansioni svolte dal lavoratore, “non involge atti iure imperii“. Di conseguenza va anche esclusa l’immunità perché in forza della regola dell’immunità ristretta propria del diritto consuetudinario nonché della Convenzione di New York del 2004 sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni, resa esecutiva con legge 14 gennaio 2013 n. 5, seppure non entrata in vigore, non si può configurare alcuno svolgimento di attività iure imperii. Di qui l’affermazione della giurisdizione del giudice italiano.
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