Indennizzo per durata eccessiva del processo nel segno della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte di cassazione, sezione unite civili, è intervenuta con la sentenza n. 19977/14 del 28 settembre 2014 a precisare le modalità di calcolo della durata del processo quando nel procedimento subentrano gli eredi dell’avente causa (19977). Al centro della questione la pronuncia della Corte di appello dell’Aquila che aveva respinto la domanda di equa riparazione per la durata del procedimento penale a vantaggio di due familiari dell’avente causa, poi defunto. La sesta sezione civile della Cassazione, con ordinanza del 4 giugno 2013, aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite chiedendo di chiarire se nei procedimenti ex lege Pinto sia necessaria l’acquisizione formale della qualità di parte anche per gli eredi. Le donne eredi sostenevano che nello stabilire l’entità della riparazione il giudice avrebbe dovuto considerare la durata del procedimento penale anche per la parte anteriore alla loro costituzione di parte civili. La Corte di cassazione ha chiarito che nel procedimento penale gli eredi del defunto titolare del diritto possono intervenire nel processo senza una nuova costituzione di parte civile e restano come parti anche se non compaiono in appello e non depositano le conclusioni. Detto questo, però, la Suprema Corte precisa che l’inizio del termine di eccessiva durata del processo decorre, per gli eredi, non dal subentro come parti civili ma dal momento in cui si verifica il patema ossia quando il titolare del diritto ha avuto conoscenza del processo. Spetta però agli eredi, pur subentrati automaticamente nella posizione di parte civile, documentare il momento in cui hanno avuto conoscenza dell’esistenza del processo. Da questo momento – osserva la Cassazione – inizia la sofferenza da indennizzare. Questo vuol dire che se la parte non adempie all’obbligo di presentazione della richiesta documentazione, il termine iniziale del processo si calcola dal momento in cui gli eredi intervengono nel giudizio. Le ricorrenti non hanno fornito alcuna documentazione in ordine alla loro conoscenza della pendenza del giudizio penale. Giusto, quindi, calcolare l’indennizzo dal momento in cui si sono costituiti in giudizio. La Suprema Corte ha anche precisato che la decisione è conforme alla giurisprudenza Cedu secondo la quale è necessario, nel calcolo dell’indennizzo, tenere conto dell’intero svolgimento del processo, sommando globalmente tutte le durate “atteso che queste ineriscono all’unico processo da considerare”.
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