Ecosistemi degradati: pubblicato il regolamento Ue sul ripristino della natura. Tutelati anche gli spazi verdi urbani

Un regolamento unico nel suo genere che, per la prima volta, mira a imporre agli Stati misure per ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’Unione europea entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, serie L, del 29 luglio 2024, del regolamento (UE) 2024/1991 del 24 giugno 2024 (regolamento natura) sul ripristino della natura e che modifica il regolamento (UE) 2022/869 sulle infrastrutture energetiche transeuropee, le istituzioni Ue hanno raggiunto un’intesa, dopo lunghi dibattiti e accesi confronti (l’Italia ha votato contro, insieme all’Ungheria, alla Polonia, ai Paesi Bassi e alla Svezia), per rispondere alle catastrofi naturali, ai cambiamenti climatici, alla sicurezza alimentare e alla perdita della biodiversità in Europa, garantendo anche il rispetto del diritto internazionale. L’Unione europea, con il regolamento in vigore dal 18 agosto 2024, va oltre la mera risposta e punta a ripristinare gli ecosistemi degradati negli habitat terrestri e marini, con misure che impongono agli Stati membri di ripristinare almeno il 30% degli habitat considerati in cattive condizioni entro il 2030, almeno il 60% entro il 2040, almeno il 90% entro il 2050. Compiuto il ripristino, gli Stati dovranno prevenire il deterioramento. Inoltre, per invertire il declino delle popolazioni di impollinatori, drasticamente diminuiti negli ultimi decenni, entro il 2030, gli Stati dovranno rispettare gli obblighi specifici indicati dall’articolo 10.

Accanto agli ecosistemi che coinvolgono i terreni agricoli e le foreste, il regolamento mette in primo piano gli ecosistemi urbani con norme che impongono un freno alle amministrazioni pubbliche che non potranno causare perdite nette di spazi verdi urbani e di copertura arborea urbana fino alla fine del 2030. Inoltre, entro il 2030 dovranno essere piantati almeno tre miliardi di alberi supplementari e dovranno essere rimosse le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali. In questa direzione, gli Stati dovranno predisporre i Piani nazionali di ripristino che saranno monitorati dalla Commissione Ue. In base all’articolo 14, nei Piani nazionali, gli Stati, sulla base di ricerche e di monitoraggio dovranno quantificare la superficie di ciascun habitat da ripristinare. Per le città dovranno essere compresi i centri urbani, gli agglomerati urbani e, se lo Stato membro lo ritiene opportuno, anche le zone periurbane. Gli Stati potranno scegliere di aggregare le zone di ecosistemi urbani di due o più città. Il contenuto specifico del piano nazionale di ripristino (articolo 15) sarà presentato alla Commissione europea entro il 1° settembre 2026: spetterà a Bruxelles la valutazione.

Per quanto riguarda i costi, nel considerando n. 78 è previsto che gli Stati membri integrino nei rispettivi bilanci le spese necessarie per il ripristino, fermo restando che vi sarà un finanziamento da parte del’Unione europea e che già molti programmi come quello LIFE potranno essere utilizzati per le misure funzionali ad attuare il regolamento.

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