Dopo una paralisi di due anni il Consiglio di sicurezza interviene sulla Siria

Dopo due anni e mezzo di conflitto e oltre 100.000 morti, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riesce ad intervenire sulla questione siriana. E, dopo tanti dibattiti e contrasti, lo fa con la risoluzione n. 2118 del 27 settembre 2013 che sposta in avanti o elimina del tutto lo scontro con Bashar al-Assad (N1348923). L’utilizzo delle armi chimiche in Siria è stato confermato nel rapporto relativo all’inchiesta voluta dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, diffusa agli Stati membri dell’Onu il 13 settembre (SG_Report_of_CW_Investigation). Grazie all’accordo concluso tra Stati Uniti e Russia del 14 settembre sull’eliminazione dell’arsenale di armi chimiche e la volontà di Assad di procedere in questa direzione, il Consiglio di sicurezza è intervenuto con una risoluzione adottata non nell’ambito del capitolo VII della Carta, ma con un generale richiamo all’art. 25 della Carta. In base alla risoluzione la Siria ha l’obbligo di non usare, produrre o arricchire l’arsenale di armi chimiche e di cooperare con il team delle Nazioni Unite istituito per supportare le attività dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, impegnata nello smantellamento dell’arsenale (OPCW, http://www.opcw.org/).

Una sorta di monitoraggio continuo, dagli esiti incerti. La Russia è riuscita ad ottenere che non si facesse alcun riferimento ai colpevoli dell’uso di armi chimiche in Siria e a richiedere un ulteriore passaggio al Consiglio di sicurezza per l’adozione di misure non implicanti o implicanti l’uso della forza nel caso di mancato rispetto della risoluzione (par. 21). Con il veto pronto in tasca.

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