Il divieto di indossare il velo islamico sul luogo di lavoro, imposto a un dipendente pubblico, supera il vaglio di Strasburgo. Per la Corte europea dei diritti dell’uomo, che si è pronunciata il 26 novembre 2015, con la sentenza Ebrahimian contro Francia (AFFAIRE EBRAHIMIAN c. FRANCE), la legislazione francese che, in forza del principio di laicità dello Stato e della neutralità dei servizi pubblici, impone ai dipendenti del pubblico impiego di non mostrare la propria appartenenza religiosa con simboli esposti sul luogo di lavoro, è conforme alla Convenzione europea e non viola l’articolo 9 che assicura il diritto alla libertà di religione. A rivolgersi alla Corte una cittadina francese, assunta a tempo determinato come assistente sociale in un ospedale pubblico alla quale non era stato rinnovato il contratto perché aveva disatteso l’obbligo di non indossare il velo islamico durante le ore lavorative. I giudici nazionali, ai quali si era rivolta, avevano respinto il suo ricorso in modo analogo a quanto ha poi fatto la Corte europea che, tra principio di laicità dello Stato e diritto di manifestare in modo ostentato il proprio credo religioso, fa pendere l’ago della bilancia a vantaggio della laicità e della neutralità dei servizi pubblici. Ad avviso dei giudici internazionali non si è verificata alcuna violazione dell’articolo 9 perché, malgrado indossare il velo islamico possa essere considerato come un mezzo per manifestare il proprio credo religioso, come tale protetto dalla norma convenzionale, l’ingerenza della Francia è proporzionale e necessaria in una società democratica perché assicura l’imparzialità dei dipendenti pubblici che non devono condizionare il pubblico, in questo caso i pazienti. La Corte riconosce che pochi Paesi del Consiglio d’Europa (solo 5) vietano di indossare simboli religiosi nel settore del pubblico impiego, ma la Francia ha raggiunto un giusto equilibrio tra libertà religiosa, che non è certo compromessa dal divieto di indossare il velo, e laicità dello Stato. D’altra parte, la legislazione francese vieta l’esibizione di simboli religiosi unicamente nel luogo di lavoro pubblico (per di più aperto al pubblico), senza limitare in alcun modo la libertà di religione e di coscienza. Del tutto compatibile con la Convenzione, quindi, la scelta di privilegiare l’interesse a salvaguardare un principio come la laicità dello Stato, rispetto all’interesse del singolo. Tra l’altro, la Corte sottolinea che l’applicazione del divieto è uniforme e non crea alcuna discriminazione, oltre a garantire un controllo giurisdizionale.
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