Diseguaglianze territoriali e sociali ridotte grazie alla politica di coesione Ue

La politica di coesione dell’Unione europea ha permesso di ridurre le diseguaglianze tra i Paesi e le regioni dell’Unione europea, ma va fatto un ulteriore sforzo per attuare concretamente i programmi della politica di coesione 2021-2027, soprattutto per favorire la ripresa dopo la pandemia e conseguire una crescita a lungo termine. E’ quanto risulta dall’ottava relazione sulla coesione pubblicata dalla Commissione europea l’8 febbraio 2022 dalla quale si evince che i finanziamenti del fondo di coesione sono aumentati dal 34% degli investimenti pubblici totali al 52% (ottava relazione). Migliorato il livello di convergenza tra gli Stati membri. Tra i dati positivi, la riduzione del numero di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale che è diminuito di 17 milioni tra il 2012 e il 2019, che vuol dire una diminuzione del 3,5% del divario tra il PIL pro capite del 10% delle regioni meno sviluppate e il PIL pro capite del 10% delle regioni più sviluppate. Dal 2001 – scrive la Commissione – “le regioni meno sviluppate dell’Europa orientale hanno iniziato a rimettersi al passo con il resto dell’UE. Tuttavia allo stesso tempo numerose regioni a reddito medio e meno sviluppate, in particolare nell’Europa meridionale e sudoccidentale, hanno attraversato lunghi periodi di stagnazione o di declino economico”. Permangono, inoltre, le disparità in materia di occupazione che sono ancora più evidenti rispetto al periodo precedente il 2008, così come è aumentato il divario regionale in termini di innovazione “a causa della mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo e delle debolezze degli ecosistemi di innovazione regionali nelle regioni meno sviluppate”. In Europa – precisa la Commissione – “la transizione digitale sta avanzando a velocità diverse. Il suo completamento richiederà una maggiore diffusione della connessione a Internet ad altissima velocità, la promozione delle competenze digitali e investimenti in attrezzature informatiche. Un accesso più veloce a Internet consentirà a un maggior numero di persone di lavorare da casa, migliorerà l’accesso ai servizi online, tra cui formazione, sanità e commercio elettronico, e “potrebbe incoraggiare un maggior numero di servizi ad abbandonare i principali centri urbani”.  Allarme per l’invecchiamento della popolazione dell’Ue che, per di più, nel complesso, inizia a diminuire. Secondo le stime di Bruxelles nel corso del prossimo decennio la popolazione di età pari o superiore a 65 anni crescerà di più del 25 % in una regione su cinque. “La popolazione in età lavorativa dovrebbe diminuire di più del 10 % in una regione su quattro, mentre la popolazione con meno di 20 anni dovrebbe diminuire di oltre il 10 % in una regione su tre”. In generale la quota di popolazione che vive in una regione in declino demografico aumenterà, secondo le stime, “dal 34 % al 51 % tra il 2020 e il 2040 (capitolo 6). Le regioni rurali sono particolarmente colpite in quanto tale declino è già in corso (figura 3). Queste tendenze possono incidere sul potenziale di crescita, sullo sviluppo delle competenze e sull’accesso ai servizi”.

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