Diritto alla casa anche per i cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo

L’integrazione prima di tutto. Lo dice l’Avvocato generale Bot che, nelle conclusioni depositate il 13 dicembre (causa C-571/10, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=116522&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=700904) ha stabilito che gli Stati membri sono tenuti a garantire l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti da lungo tempo in uno Stato Ue e assicurare la parità di trattamento rispetto ai cittadini. Non solo. Per l’Avvocato generale, nel recepire la direttiva 2003/109/Ce sullo status di cittadini dei Paesi terzi, soggiornanti di lungo periodo, le autorità nazionali devono tenere conto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che include anche l’assistenza abitativa per ogni individuo che non disponga di risorse sufficienti (articolo 34, n. 3). Alla Corte Ue si è rivolto il Tribunale di Bolzano. La vicenda ha preso il via dal ricorso di un cittadino albanese residente a Bolzano, titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, che riteneva la legge provinciale sulla ripartizione dei sussidi per la casa discriminatoria perché, nella sua concreta applicazione e per le diverse modalità di calcolo, comportava l’attribuzione di fondi più limitati per i cittadini extracomunitari. Il Tribunale di Bolzano ha posto taluni quesiti interpretativi alla Corte che si pronuncerà a breve. Per l’Avvocato generale, però, la direttiva 2003/109 non ammette una normativa come quella contenuta nel Dlgs n. 3/2007 che riserva ai soggiornanti di lungo periodo un trattamento peggiorativo rispetto ai cittadini italiani e a quelli Ue residenti in Italia se il sussidio rientra nella nozione di prestazione sociale, assistenza sociale e protezione sociale come definite nella legge interna.

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