Diritti calpestati e impegni internazionali dimenticati. La situazione nelle carceri diventa ogni giorno più drammatica e l’Italia rischia di allontanarsi sempre di più da standard di detenzione conformi ai diritti umani.
Uno scenario che risulta non solo da rapporti internazionali ma anche da studi interni e, in particolare, dal rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per i migranti in Italia pubblicato il 6 marzo 2012 dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato. Uno studio dedicato al giurista Antonio Cassese scomparso pochi mesi fa. Un ricordo dovuto: è stato proprio grazie ad Antonio Cassese, professore di diritto internazionale e Presidente per lungo tempo del Tribunale penale internazionale per i crimini nell’ex Iugoslavia e poi del Tribunale speciale per il Libano e prima ancora Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura che è stato possibile precisare sul piano internazionale la nozione di trattamenti inumani e degradanti (http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/dirittiumani16/Rapporto%20carceri.pdf).
Nello studio, la Commissione fa il punto sull’agghiacciante situazione nelle carceri italiane. Non sembra bastare nulla per rimediare alla situazione di degrado. Condanne a ripetizione dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, rapporti di organismi internazionali sul sovraffollamento delle carceri non degne di un Paese civile. Nulla cambia. Il legislatore poi è in ritardo anni luce sul pieno rispetto dei diritti anche sul piano formale. Dimenticando che, per esempio, nel codice penale italiano continua a mancare il reato di tortura, situazione che di frequente impedisce la punizione di colpevoli che pure, di fronte a comportamenti equiparabili alla tortura, la fanno franca. E’ recente il caso di alcuni agenti di polizia penitenziaria – si osserva nel rapporto – assolti del Tribunale di Asti con sentenza depositata il 7 febbraio 2012 proprio a causa dell’assenza di norme che prevedono il reato di tortura.
Dai dati del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) aggiornati al 29 febbraio 2012, risulta che i detenuti in Italia sono 66.832 a fronte di una capienza regolamentare dei 206 istituti di pena di 45.742 posti. La regione con più detenuti è la Lombardia (9.388 a fronte di 5.384 posti regolamentari in 19 istituti), cui segue la Campania (8.034, nonostante la capienza prevista si fermi a 5.793 posti divisi in 17 case circondariali). In Puglia i detenuti sono 4.520 (dovrebbero essere 2.463 per 11 istituti). Tutto da verificare l’impatto della legge n. 9 del 17 febbraio 2012 che dovrebbe attenuare, ma certo non risolvere, il problema del sovraffollamento carcerario limitando l’uso del sistema delle porte girevoli. Da non dimenticare, poi, che la Corte suprema americana (sentenza del 23 maggio 2011, Plata contro Brown) e la Corte costituzionale tedesca con sentenza del 22 febbraio 2011 hanno dichiarato che in alcuni casi uno Stato deve rinunciare all’esecuzione della pena in carcere se non si è in grado di assicurare il rispetto della dignità umana.
Il rapporto si occupa, in modo specifico, anche del problema della custodia cautelare in carcere, degli effetti sul sistema penitenziario della legislazione sull’immigrazione irregolare, della carcerazione di detenuti tossicodipendenti, dell’impatto della ex Cirielli del 2005, con i connessi inasprimenti di pena e lo scarso utilizzo di misure alternative. Drammatica la situazione dei Centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA) e dei centri di identificazione ed espulsione (CIE) difficilmente accessibili anche dalla stampa. Con la conseguenza che i migranti vengono inghiottiti in un buco nero con controlli pressoché inesistenti. Con buona pace del diritto alla dignità umana per ogni individuo.
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