Spetta al giudice del luogo in cui la vittima di una diffamazione via internet risiede in modo abituale accertare i danni subiti. Con la sentenza depositata il 25 ottobre 2011 (causa C-509/09 e C-161/10 (09, eDate), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha chiarito i criteri per individuare il giudice competente nei casi di diffamazione via internet in base al regolamento n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Ai giudici Ue sono arrivati due rinvii pregiudiziali dalla Corte federale tedesca e dal Tribunale di Parigi alle prese con alcuni ricorsi di individui che si ritenevano diffamati da alcuni siti internet. Centrale l’individuazione del giudice competente. Nel primo caso, infatti, la società proprietaria del sito internet, con sede in Austria, contestava la giurisdizione del giudice tedesco chiamato in causa da colui che si riteneva vittima della diffamazione e che risiedeva in Germania. Una contestazione non condivisa dalla Corte Ue che ha precisato i contorni dell’operatività dell’articolo 5 del regolamento. Questa norma, infatti, che si occupa delle cosiddette competenze speciali, consente di adire non solo il giudice generalmente competente in base all’articolo 2, ossia il giudice del domicilio del convenuto, ma anche in materia di illeciti civili dolosi o colposi, il giudice del luogo in cui “l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”.
Per i giudici comunitari, che si sono soffermati sull’interpretazione dell’articolo 5 e hanno respinto l’eccezione d’irricevibilità presentata dal Governo italiano intervenuto nel procedimento, tenendo conto che il giudice del luogo della residenza abituale della vittima è quello che può meglio valutare la lesione e l’entità dei danni alla personalità subiti sul territorio dell’Unione, in linea con il regolamento e con l’obiettivo di proteggere la parte debole, compete a questo giudice decidere sulla controversia.”La messa in rete di contenuti su un sito internet – ha precisato la Corte – si distingue dalla diffusione circoscritta territorialmente di un mezzo di comunicazione quale una stampa, giacché, in via di principio, essa mira all’ubiquità di detti contenuti”, consultabili da un numero indeterminato di internauti, in ogni parte del mondo. Ora, poiché il criterio collegato alla diffusione perde di effettività e tenendo conto che è impossibile quantificare la diffusione con certezza, nonché la gravità della lesione dei diritti alla personalità che possono derivare da internet, giusto allontanarsi dal criterio fisssato nella sentenza Shevill del 7 marzo 1995 (causa C-68/93) che dava rilievo alla concretizzazione del danno e attribuire la competenza, invece, al giudice del luogo in cui la vittima “possiede il proprio centro degli interessi” (residenza abituale, a meno che la vittima non dimostri un collegamento più stretto con un altro Stato). Una conclusione che certo protegge la vittima della diffamazione e forse non incide più di tanto sui colossi editoriali autori di siti internet, ma che rischia di arrecare un colpo mortale agli autori di blog e di piccoli quotidiani di informazione on line.
La Corte ha poi chiarito che la vittima, in base al regolamento, può anche rivolgersi ai giudici dello Stato membro sul cui territorio l’informazione diffusa via internet è accessibile o lo sia stata. In questo caso, però, la competenza è limitata unicamente al danno causato sul territorio di questo Stato. Terza possibilità, per la vittima, l’azione dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui è stabilito colui che ha diffuso le notizie lesive.
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