Ancora una volta, grazie alla Corte europea dei diritti dell’uomo (e, in particolare alla sentenza Cusan e Fazzo contro Italia) e alle norme convenzionali, l’Italia fa un passo avanti verso il futuro e, con l’intervento della Corte costituzionale, smantella leggi anacronistiche che mettono in una posizione di primo piano il padre rispetto alla madre. Oggi, la Corte costituzionale ha depositato la sentenza n. 131 con la quale la Consulta ha stabilito che l’attribuzione automatica del solo cognome paterno costituisce una diseguaglianza tra i genitori (cognome). Di conseguenza, l’articolo 262, primo comma del codice civile è in contrasto con gli articoli 2, 3 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea, perché la norma prevede che il figlio, nel caso di riconoscimento contemporaneo dei genitori, abbia il solo cognome del padre, senza che il figlio possa assumere “i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”.
La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della norma ormai da molti anni, nella totale inerzia del legislatore italiano, ha stabilito, avvalendosi di numerose sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, che “il cognome del figlio deve comporsi con i cognomi dei genitori”, perché non può continuare ad essere applicata una norma che non assicura l’eguaglianza dei sessi, con una visione discriminatoria non tollerabile. La Consulta ha specificato che gli stessi genitori possono scegliere di attribuire un solo cognome. Pertanto, in caso di accordo, il figlio avrà un unico cognome; in caso contrario saranno attribuiti i cognomi di entrambi i genitori secondo l’ordine da loro deciso. La Consulta ha rivolto un nuovo appello al legislatore per evitare “un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome” ed evitare che un figlio abbia un cognome diverso da fratelli e sorelle. Sul punto, la Corte costituzionale ha indicato la strada da seguire che potrebbe essere quella di rendere vincolante l’utilizzo del cognome attribuito al primo figlio anche per eventuali successivi figli. Come chiarito dalla Corte costituzionale, inoltre, la dichiarazione di illegittimità costituzionale fa sì che la sentenza sia applicata a tutte le ipotesi in cui l’attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta e, quindi, dal momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale l’articolo 262 non potrà essere applicato.
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