La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, con la sentenza n. 1605, depositata il 26 gennaio 2021 (1605) è intervenuta sull’applicazione della Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sui contratti di compravendita internazionale di merci, ratificata dall’Italia con legge n. 765/1985.
Alla Cassazione si era rivolta una società di diritto tedesco, in liquidazione, che contestava la condanna al pagamento di un importo a un’altra società per azioni in amministrazione straordinaria decisa dal Tribunale di Frosinone e confermata dalla Corte di appello di Roma. In particolare, per la società ricorrente, in ragione della diversa nazionalità delle due società – quella creditrice italiana e quella acquirente tedesca -, i giudici avrebbero dovuto applicare gli articoli 38 e 39 della Convenzione di Vienna. La Convenzione, infatti, si applica ai contratti di vendita delle merci fra parti aventi la loro sede di affari in Stati diversi: “a) quando questi Stati sono Stati contraenti; o b) quando le norme di diritto internazionale privato rimandano all’applicazione della legge di uno Stato contraente”. Pertanto, tenendo conto che si trattava di parti con sede in Stati diversi, le norme convenzionali dovevano essere applicate e, di conseguenza, ad avviso della società debitrice, i termini di prescrizione e di decadenza non avrebbero dovuto essere quelli indicati dalla Corte di appello perché la Convenzione di Vienna prevede un termine massimo di decadenza di due anni. In base all’articolo 39 della Convenzione di Vienna, infatti, “l’acquirente decade dal diritto di far valere un difetto di conformità se non lo denuncia al venditore, precisando la natura di tale difetto, entro un termine ragionevole, a partire dal momento in cui l’ha constatato o avrebbe dovuto constatarlo. 2. In tutti i casi l’acquirente decade dal diritto di far valere un difetto di conformità se non lo denuncia al più tardi entro un termine di due anni, a partire dalla data alla quale le merci gli sono state effettivamente consegnate, a meno che tale scadenza non sia incompatibile con la durata di una garanzia contrattuale”. La Cassazione ha accolto questo motivo di ricorso. E’ vero, infatti, che il Tribunale di Frosinone aveva riconosciuto l’applicabilità della Convenzione di Vienna, ritenendo, però, che era trascorso il “termine ragionevole” per la denuncia dei vizi. La Corte di appello, invece, aveva calcolato i termini tenendo conto del codice civile e del codice di procedura civile. Un errore, per la Cassazione che ha accolto questo motivo di ricorso e ha rinviato gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
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