Ancora troppe le differenze tra gli Stati membri dell’Unione europea nelle regole in materia di custodia cautelare che possono incidere negativamente sull’applicazione degli strumenti UE in materia di cooperazione giudiziaria penale. Dopo l’avvio, da parte della Commissione europea, di una call per raccogliere le opinioni delle parti interessate, che si è chiusa il 22 aprile 2022, Bruxelles ha tratto le fila dei documenti raccolti e l’8 dicembre 2022 ha pubblicato una raccomandazione sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione (C(2022)8987, custodia cautelare). La Commissione ha ricostruito il quadro normativo esistente e i numerosi atti di soft law come le regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti (regole Nelson Mandela) e quelle per le misure non detentive (regole di Tokyo); ha analizzato la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 5 aprile 2016, C-404/15 e C-659/15, Aranyosi e Cāldāraru, nonché la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo per verificare lo stato di attuazione negli Stati membri e i margini di miglioramento rispetto anche alle sei direttive sui diritti procedurali già adottate (2010/64 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali; 2012/13 sul diritto all’informazione nei procedimenti penali; 2013/48 relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo; 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza; 2016/800 sulle garanzie procedurali per gli imputati minorenni e 2016/1919 sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato). Dopo aver fornito una panoramica delle norme esistenti, la Commissione focalizza l’attenzione sulle misure necessarie a favorire l’attuazione dei mandati di arresto europei, partendo dal presupposto che il ricorso alla custodia cautelare deve essere una misura eccezionale, disposta solo nei casi di pericolo di fuga, rischio di recidiva, inquinamento nel funzionamento della giustizia e minaccia per l’ordine pubblico. Da garantire il riesame periodico della validità dei motivi alla base della custodia cautelare, con un intervallo massimo di un mese per il riesame. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero dedurre i periodi di custodia cautelare, anche se è stato utilizzato il ricorso a misure alternative, dalla durata della pena detentiva prevista con la condanna. Sulle condizioni di detenzione, la Commissione chiede che ad ogni detenuto sia assicurata una superficie minima di almeno 6 metri quadrati nelle celle a occupazione singola e di 4 metri quadrati nelle celle collettive. Con una precisazione, in linea con la giurisprudenza della Corte europea, che se lo spazio personale è inferiore a 3 metri quadrati sussiste una forte presunzione di trattamenti inumani o degradanti e, quindi, di violazione dell’articolo 3 della Convenzione. Centrali, poi, le misure per il reinserimento sociale del detenuto, in base alle esigenze individuali e il mantenimento di contatti, anche con mezzi digitali, con le proprie famiglie.
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