Da Strasburgo una nuova condanna all’Italia per la drammatica vicenda dei contagi provocati dal sangue infetto. Dopo la pronuncia G.N del 1° dicembre 2009 e la sentenza M.C. e altri contro Italia del 3 settembre 2013, questa volta la condanna è arrivata con la sentenza D.A. e altri depositata il 14 gennaio (AFFAIRE D.A. ET AUTRES c. ITALIE) con la quale Strasburgo ha disposto anche l’obbligo per lo Stato italiano, colpevole di tempi troppo lunghi per la liquidazione degli indennizzi alle vittime del sangue infetto, di assenza di ricorsi effettivi e di violazione del diritto alla salute, di versare, nel complesso, oltre dieci milioni di euro a titolo di risarcimento alle vittime. Sono stati ben 889 i ricorrenti (anche se molti ricorsi sono stati dichiarati irricevibili) a rivolgersi alla Corte europea. Condannati a gravi malattie contratte per trasfusioni di sangue infetto o utilizzo di emoderivati, le vittime avevano incontrato ostacoli per far valere almeno il proprio diritto a un indennizzo. Di qui la scelta di rivolgersi a Strasburgo che ha dato ragione alla maggior parte dei ricorrenti. Ed invero, la Corte europea ha accertato la violazione del diritto all’equo processo (articolo 6) nel quale rientra il diritto a ottenere in tempi rapidi l’esecuzione delle sentenze e questo a causa del fatto che, alcuni ricorrenti, malgrado avessero avuto il riconoscimento dell’indennizzo sul piano giurisdizionale non avevano ottenuto la piena esecuzione della sentenza perché lo Stato non aveva liquidato gli importi dovuti. Una situazione che spinge la Corte europea ad affermare che se uno Stato non esegue una sentenza definitiva a detrimento di una parte è chiara la violazione dell’articolo 6 proprio perché nel diritto all’equo processo è inclusa l’effettiva e tempestiva esecuzione della pronuncia. Nei casi in esame, i ritardi nell’esecuzione delle sentenze sugli indennizzi hanno impedito alle vittime di ottenere un effettivo ristoro che è rimasto solo sulla carta e questo – prosegue Strasburgo – senza alcuna giustificazione, per di più tenendo conto che si trattava di risarcimenti dovuti a malati. Violato anche l’articolo 1 del Protocollo n. 1 sul diritto di proprietà nel quale rientrano i crediti esigibili che lo Stato deve corrispondere senza poter avvalersi, a giustificazione dei ritardi, né della complessità delle procedure né di problemi di budget. Condanna, altresì, per violazione dell’articolo 13 che assicura il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e dell’articolo 2 sul diritto alla salute, per gli aspetti procedurali, perché lo Stato non ha fornito risposte adeguate e rapide tenendo conto che, in alcuni casi, il procedimento per ottenere un indennizzo è durato 12 anni per un solo grado di giudizio.
Solo su un punto la Corte, a nostro avviso in modo non condivisibile vista l’esiguità dell’indennizzo fissato che non tiene neanche lontanamente conto delle effettive sofferenze dei malati, dà ragione all’Italia. Per Strasburgo, infatti, la somma di 100mila euro stabilita dall’articolo 27bis del d.l. 90/2014, prevista per chi ha deciso di avvalersi di una procedura transattiva, è da considerarsi adeguata (sic!).
Sulle precedenti pronunce si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/indennizzi-per-il-sangue-infetto-sentenza-pilota-contro-litalia.html.
Aggiungi un commento