L’applicazione dell’articolo 64 della legge n. 218/1995 sul riconoscimento delle sentenze straniere e i problemi interpretativi collegati sono stati oggetto della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 18199 depositata il 26 giugno (18199). La vicenda era stata rimessa dalla prima sezione civile che aveva chiesto di chiarire “se, nell’ambito di un giudizio di riconoscimento, in Italia, dell’efficacia di una sentenza straniera, la parte ivi convenuta, che si sia ritualmente costituita nel giudizio svoltosi innanzi al giudice a quo senza sollevare, in quella sede, alcuna eccezione circa la carenza della “competenza giurisdizionale” di quest’ultimo, possa ancora formulare una siffatta eccezione innanzi al giudice della invocata delibazione oppure se la stessa possa essere sollevata d’ufficio da quest’ultimo”.
La vicenda riguardava una donna che aveva chiesto un accertamento dei requisiti di riconoscimento di una sentenza pronunciata in Russia relativa all’affidamento dei due figli nati da una relazione con un cittadino italiano. La Corte di appello di Bologna aveva respinto la richiesta ritenendo che la competenza non fosse del giudice russo in quanto la residenza abituale dei minori non era in Russia, bensì in Italia. Così, la donna si è rivolta alla Cassazione. Per le Sezioni Unite, va applicata la Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, a cui fa rinvio l’articolo 42 della legge n. 218. Per la Suprema Corte, l’articolo 24 della Convenzione chiarisce che la legge dello Stato richiesto per il riconoscimento trova applicazione solo per le norme che disciplinano la procedura mentre, per le altre condizioni, si applica la disciplina convenzionale che non prevede, contrariamente all’articolo 64 della legge n. 218, requisiti costitutivi di efficacia.
Pertanto, alla luce di quanto detto la Cassazione ha enunciato il principio di diritto in base al quale “le condizioni sostanziali di riconoscimento delle misure di protezione dei minori disposte dalla giurisdizione straniera risultano fissate dall’art. 23 della detta Convenzione, e non dall’art. 64 legge n. 218 del 1995, mentre il procedimento del riconoscimento innanzi al giudice italiano resta disciplinato, come previsto dall’art. 24 della medesima Convenzione, dalla legge italiana”.
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