Il Comitato per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti del Consiglio d’Europa ha pubblicato, ad aprile, il rapporto annuale relativo alle attività nel 2023 (rapporto annuale tortura). Ancora troppe le violazioni dei diritti umani, in particolare nei luoghi di detenzione e ancora troppi i casi di tortura in particolare nei confronti di persone particolarmente vulnerabili come i detenuti transgender. Nel 2023 – scrive il Presidente del Comitato Alan Mitchell – continuano ad essere diffuse le violazioni, come emerso durante le 18 visite di controllo delle strutture carcerarie. Con un tratto comune perché, molto spesso, sono gli stranieri detenuti ad essere maggiormente colpiti dalle violenze. Nel rapporto, il Comitato si è soffermato sul trattamento degli stranieri privati della libertà personale che resta una priorità, nonché sulla piaga del sovraffollamento carcerario. Che ha visto un ulteriore aggravamento poiché, nel 2023, la popolazione carceraria è aumentata rispetto al periodo della pandemia e questo ha condotto a un peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti, a un aumento della violenza e delle tensioni e a una diminuzione delle iniziative volte al reinserimento sociale. Di qui la richiesta di riforme strutturali. Nel corso delle visite, il Comitato ha potuto riprendere il lavoro in Ucraina e ha constatato che, malgrado la guerra, “la tutela dei diritti umani è assicurata nei luoghi cui vi è una privazione della libertà”. In ragione di ciò, nel rapporto si sottolinea che l’Ucraina mostra di essere un Paese democratico.
Nel rapporto, il Comitato ha soffermato la sua attenzione sui diritti dei detenuti transessuali e ha pubblicato alcune raccomandazioni agli Stati per assicurarne la tutela nelle strutture detentive. Alcuni Stati continuano a negare l’esistenza stessa delle persone transgender, mentre è indispensabile che venga garantito un approccio interdisciplinare “tenendo conto degli aspetti giuridici, medici e sociali”, anche “istituendo delle garanzie specifiche per prevenire il loro maltrattamento da parte del personale penitenziario o di altri detenuti”. Richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il Comitato ha chiesto agli Stati l’adozione di normative che procedano al riconoscimento delle persone di un genere diverso da quello attribuito loro alla nascita, senza che venga richiesto un prerequisito per il riconoscimento giuridico del genere come la chirurgia di riassegnazione del sesso.
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