Le condizioni fissate dall’Italia per la raccolta firme necessarie per il referendum popolare sono contrarie all’articolo 25 del Patto sui diritti civili e politici dell’Onu. Di conseguenza, l’Italia è tenuta a modificare le norme interne per assicurare il pieno rispetto degli obblighi internazionali assunti con la ratifica del Patto del 1966. E’ il Comitato dei diritti umani dell’Onu a scriverlo nelle conclusioni depositate il 6 novembre e diffuse ieri (CCPR_C_127_D_2656_2015_31209_E). Il ricorso era stato presentato da due membri del partito radicale che avevano depositato in Cassazione, nel 2013, la richiesta per lo svolgimento di 6 referendum relativi all’abrogazione di leggi sull’immigrazione, la droga, il divorzio breve e il finanziamento pubblico ai partiti e alla chiesa. In linea con quanto previsto dalla legge n. 352/1970, “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo”, i due ricorrenti avevano raccolto numerose firme, ma la loro richiesta non era stata accolta poiché l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione aveva ritenuto che il numero di firme, raccolte nel rispetto dell’indicata legge, non fosse arrivato alle 500mila previste dalla Costituzione. I due promotori avevano così presentato una comunicazione al Comitato Onu in linea con il Protocollo n. 1 al Patto, sostenendo che le condizioni fissate dalla legge, tra le quali l’imposizione dell’autenticazione delle firme da parte di un pubblico ufficiale, le connesse difficoltà legate alla presenza di coloro che devono procedere all’autenticazione, l’assenza di un servizio pubblico efficiente in alcuni comuni, nonché la mancanza di garanzia sul diritto all’informazione, con l’assenza di spazi adeguati nel servizio pubblico Rai, che non aveva effettuato un’adeguata campagna per chiarire le procedure di raccolta firme, avevano impedito l’effettiva realizzazione di un diritto riconosciuto nel Patto. Il Governo aveva contestato e respinto le “accuse”, sostenendo per di più che non era stato rispettato il previo esaurimento dei ricorsi interni. Sotto il profilo della ricevibilità della comunicazione, il Comitato ha respinto la posizione del Governo ritenendo che le condizioni fissate dal regolamento di procedura fossero state rispettate.
Per quanto riguarda il merito, il Comitato ha sottolineato che il Patto non impone un particolare sistema con riguardo all’organizzazione politica e che gli Stati sono liberi di scegliere le misure volte ad assicurare i diritti riconosciuti nell’atto internazionale, incluse le forme di partecipazione diretta dei cittadini e gli strumenti ritenuti più idonei, tra i quali vi è il referendum. Gli Stati, infatti, non hanno un obbligo, in base all’articolo 25 di stabilire talune modalità di democrazia diretta come i referendum anche se, come precisato nel General Comment all’indicato articolo, lo Stato che sceglie talune procedure non deve imporre restrizioni irragionevoli e non deve effettuare discriminazioni tra i cittadini. L’Italia, all’articolo 75 della Costituzione, ha previsto il ricorso al referendum popolare come forma di partecipazione diretta ed è così tenuta ad astenersi dall’imposizione di restrizioni irragionevoli che impediscano la partecipazione diretta degli individui. Situazione nella quale l’Italia è incorsa con talune condizioni previste dalla legge n. 352/1970. Per il Comitato, infatti, lo Stato ha diritto, per ragioni di controllo e certezza sotto il profilo giuridico, di stabilire alcune modalità per la raccolta delle firme, ma la condizione fissata nella legge n. 352/1970, che richiede la raccolta delle firme in presenza di un pubblico ufficiale, è una condizione irragionevole. Di qui la constatazione della violazione dell’articolo 25, lettera a) del Patto e dell’articolo 2, paragrafo 3. Il Comitato ha chiesto così all’Italia di attivarsi per impedire che simili situazioni si verifichino in futuro, con la rimozione di quelle limitazioni che impediscono una diretta partecipazione dei cittadini, garantita dalla Costituzione. In questa direzione, il Comitato ha indicato misure per consentire una maggiore facilità nell’autenticazione delle firme, per permettere la raccolta delle firme in luoghi raggiungibili e strumenti idonei ad assicurare che la popolazione sia correttamente informata. Entro 180 giorni, il Governo dovrà comunicare al Comitato le misure adottate.
Aggiungi un commento