Clima vivibile e obblighi in materia di valutazione di impatto ambientale: storica sentenza della Corte Suprema inglese

Una sentenza storica quella depositata dalla Corte Suprema del Regno Unito il 20 giugno che potrebbe segnare una svolta nell’utilizzo dei combustibili fossili nel segno del rispetto dell’Accordo di Parigi (uksc-2022-0064-judgment). La Corte, infatti, ha stabilito che le autorità nazionali, nell’effettuare la valutazione di impatto ambientale, hanno l’obbligo di valutare gli effetti delle emissioni dovuti all’utilizzo dei combustibili fossili estratti da un determinato sito, tenendo conto degli obblighi climatici esistenti e delle conseguenze sull’ambiente non solo nell’area circoscritta ma ad ampio raggio. A rivolgersi ai giudici inglesi era stata un’attivista che aveva contestato la decisione del Consiglio della Contea del Surrey di estendere il permesso, richiesto da una società della quale era parzialmente proprietaria la British Energy company UK Oil & Gas Plc., per un pozzo di trivellazione petrolifera vicino all’aeroporto di Gatwick. Nella valutazione di impatto ambientale non erano state considerate le emissioni di gas ad effetto serra prodotte dall’utilizzo del petrolio nel corso degli anni, ma solo quelle relative al sito oggetto di trivellazione. I giudici di primo e secondo grado avevano respinto il ricorso. Non così la Corte Suprema secondo la quale è evidente che l’estrazione di combustibili fossili è finalizzata al loro utilizzo e combustione. Pertanto, scrive la Corte Suprema, il carbonio sarà primo o poi rilasciato nell’atmosfera contribuendo al riscaldamento globale ed è certo, stando anche alle prove scientifiche raccolte, che non potrà essere limitato il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto alle temperature preindustriali. In linea di principio – scrive la Corte con riguardo ai sicuri effetti transfrontalieri dell’inquinamento – “tutti i probabili effetti significativi del progetto devono essere valutati, indipendentemente da dove (o quando) tali effetti saranno generati o percepiti”. Bocciata, quindi, una valutazione circoscritta che impedisce di considerare i potenziali effetti negativi sul clima. Richiamate le direttive Ue in materia e gli accordi internazionali, inclusa la Convenzione di Aarhus, la Corte ritiene che la valutazione d’impatto ambientale deve essere adeguata per assicurare la legittimità democratica delle decisioni. Inoltre, va considerato che “in adopting the Paris Agreement on 12 December 2015, most of the nations of the world have acknowledged that climate change represents “an urgent and potentially irreversible threat to human societies and the planet” (Preamble to the decision to adopt the agreement) and have agreed on the goal of “holding the increase in the global average temperature to well below 2°C above pre-industrial levels and pursuing efforts to limit the temperature increase to 1.5°C above pre-industrial levels”: article 2(1)(a). It is left to each state party to decide what measures it will take towards achieving this goal by preparing, communicating and maintaining successive “nationally determined contributions” that it intends to achieve”. La pronuncia darà supporto alle cause ambientali in svolgimento nel Regno Unito e nel mondo rendendo così più difficile per le aziende attive nel campo dello sfruttamento del petrolio, del gas e del carbone la possibilità di ottenere nuove autorizzazioni per lo sfruttamento dei siti.

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