La nullità di una clausola abusiva accertata a seguito di un ricorso collettivo va a vantaggio di tutti i consumatori. Di conseguenza, gli Stati membri possono stabilire che queste clausole siano nulle per tutti i consumatori, anche se non hanno iniziato un’azione giurisdizionale. E’ la conclusione raggiunta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 26 aprile (causa C-472/10, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=122164&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=146135) che ha dato il via libera all’applicazione generalizzata della nullità di una clausola contrattuale abusiva. In pratica, per gli eurogiudici se è proposto un ricorso collettivo contro clausole abusive di uso generalizzato che sono nulle questi effetti si ripercuotono, se la legislazione nazionale lo prevede, anche a vantaggio degli altri consumatori. Tanto più che il giudice nazionale può accertare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola per garantire la realizzazione dell’interesse pubblico della tutela del contraente debole.
Questi i fatti. L’Ufficio nazionale per la tutela dei consumatori ungherese aveva proposto un ricorso collettivo contro un operatore di telefonia fissa che aveva inserito una clausola relativa ai costi per il pagamento delle fatture attraverso vaglia postale, senza indicare le modalità di calcolo degli importi. L’azienda non aveva voluto modificare la clausola: di qui il ricorso collettivo dinanzi ai giudici ungheresi che si sono rivolti alla Corte Ue per sciogliere alcuni nodi interpretativi. Chiara la valutazione di Lussemburgo sul carattere abusivo della clausola. E’ vero che spetta al giudice nazionale pronunciarsi sul suo inquadramento, ma se non sono indicate le modalità di calcolo degli importi e le possibili variazioni e per di più i consumatori non hanno la possibilità di porre termine al contratto è evidente che, in base alla direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori recepita in Italia con dlgs n. 52/1996, poi abrogato dal n. 206/2005, contenente il codice del consumo, le clausole hanno carattere abusivo. Essenziale, d’altra parte, proprio per consentire il riequilibrio tra le parti contraenti, che il consumatore possa “prevedere, sulla base di criteri chiari e comprensibili, le modifiche apportate da un professionista alle clausole generali quanto alle spese collegate al servizio da prestare”. Un obbligo di informazione necessario a permettere al consumatore di far valere la possibilità di porre termine al contratto se sono modificate le spese. Tracciato il percorso interpretativo, la Corte Ue ha chiarito che per assicurare un equilibrio reale e non formale tra i contraenti, anche se la direttiva non armonizza le sanzioni derivanti dall’inserimento delle clausole abusive, il legislatore nazionale può prevedere che ogni consumatore si avvalga della nullità delle clausole anche se non prende parte al procedimento inibitorio.
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