È la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza n. 11346 depositata il 2 maggio, a chiarire se la clausola Incoterm (International Commercial Terms) “Ex works” inserita in un contratto possa essere considerata come clausola contrattuale in grado di determinare l’individuazione del giudice competente secondo il regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale (11346). Per la Suprema Corte, precisato che la verifica deve essere svolta alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, con particolare riguardo alla sentenza del 9 giugno 2011, causa C-87/10, è evidente che nell’interpretare il contratto per determinare il luogo di consegna della merce, è necessario accertare se le clausole contenute nello stesso contratto “integrino o meno l’Incoterm ‘Ex works'” perché in questo caso “sarà in base a tale clausola che dovrà essere identificato il luogo di consegna delle merci e conseguentemente la giurisdizione”. La questione arrivata in Cassazione aveva al centro il ricorso di una società che si era opposta a un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Brescia con il quale si imponeva il pagamento di alcune fatture relative alla fornitura di bottiglie di acqua minerale, destinate ad essere commercializzate nel mercato asiatico. La società aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano ritenendo che fosse competente l’autorità giurisdizionale francese in base all’articolo 4 del regolamento n. 1215/2012. Questa tesi era contestata dalla società creditrice secondo la quale l’inserimento della clausola Incoterm “Ex works” portava all’affermazione della giurisdizione italiana. Il Tribunale di Brescia aveva revocato il decreto ingiuntivo ritenendo fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione e la Corte di appello di Brescia aveva confermato tale conclusione sostenendo che, in base all’articolo 4 del regolamento n. 1215/2012 la giurisdizione era del giudice francese, territorio sul quale aveva sede la società debitrice, anche perché la clausola Incoterm “Ex works” non implicava un automatico spostamento del luogo materiale di consegna delle merci “ove non accompagnata da elementi che confermassero tale scelta con chiarezza”. Un conclusione ribaltata dalle Sezioni Unite. La clausola Incoterm “Ex Works” implica che la consegna si considera effettuata quando il venditore mette la merce a disposizione dell’acquirente presso la sede dello stesso venditore (che in questo caso era in Italia) o in altro luogo deciso dalle parti. Di conseguenza non è necessario “sdoganare la merce per l’esportazione ove tale sdoganamento sia applicabile”. Tale clausola può essere considerata come clausola contrattuale rilevante ai fini dell’articolo 7, lett. b del regolamento il quale dispone che una persona domiciliata in uno Stato membro dell’UE può essere convenuta in materia contrattuale “davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio” e che detto luogo, in caso di compravendita di beni, è “il luogo situato in uno Stato membro in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base a tale contratto”. Per la Suprema Corte, alla luce della giurisprudenza della Corte Ue, in particolare tenendo conto delle sentenze nella causa C-87/19 e C-196/15 del 14 luglio 2016, le clausole Incoterms che corrispondono “ad usi consolidati, precisati e pubblicati dalle organizzazioni professionali riconosciuti ed ampiamente seguiti nella prassi dagli operatori economici…”, agevolano i compiti degli operatori nella redazione del contratto perché permettono l’utilizzo di “termini brevi e semplici”, dei quali il giudice nazionale deve tener conto perché contengono, in presenza di alcune condizioni, anche i criteri per individuare il giudice competente. Questo vuol dire – osserva la Cassazione – che, alla luce della clausola Incoterm contenuta nel contratto tra creditore e debitore, il luogo di consegna della merce in questo caso era in Italia perché qui i beni erano messi a disposizione dell’acquirente, con la conseguente affermazione della giurisdizione del giudice italiano. Annullata, così, la sentenza, con rinvio al Tribunale di Brescia che dovrà decidere, in diversa composizione, sull’opposizione al decreto ingiuntivo.
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