Diritti fondamentali di una coppia sposata da proteggere anche nel caso di cambio di sesso, se il legislatore è inerte di fronte ai cambiamenti della società. In una simile situazione, spetta al giudice assicurare che il cambiamento di sesso di un coniuge non determini la cessazione di ogni effetto del matrimonio solo perché il legislatore non è stato in grado di colmare un vuoto normativo. E’ quanto si ricava dalla pronuncia della Corte di cassazione, prima sezione civile, con la sentenza n. 8097/15 depositata il 21 aprile (8097). Per la Suprema Corte, che ha basato le proprie conclusioni sulla pronuncia della Consulta n. 170 del 2014, avente carattere addittivo, il sistema di caducazione automatica del vincolo matrimoniale a seguito della rettificazione negli uffici dello stato civile dovuto al cambiamento di sesso di uno dei coniugi, è contrario alla Costituzione fino a quando il legislatore non intervenga con un modello di relazione tra persone delle stesso sesso che faccia confluire “le unioni matrimoniali contratte originariamente da persone di sesso diverso e divenute, mediante la rettificazione del sesso di uno dei componenti, del medesimo sesso” in un’altra forma di unione regolata.
La vicenda ha preso il via dal ricorso presentato da una coppia il cui marito aveva cambiato sesso e ottenuto la rettifica del nome che era stata annotata a margine dell’atto di matrimonio, con la specificazione della cessazione degli effetti civili del rapporto. I coniugi si erano opposti impugnando il provvedimento e chiedendo la cancellazione dell’annotazione. Il Tribunale di Modena aveva accolto il ricorso ma, su reclamo del Ministero dell’interno, la Corte di appello aveva respinto la domanda. La Corte di Cassazione, dal canto suo, aveva rimesso la questione alla Corte costituzionale che, con sentenza n. 170 del 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge n. 164 del 1982 perché non prevedono che, a seguito della sentenza di rettificazione successiva al cambiamento di sesso, le parti possano, su loro richiesta, mantenere in vita “un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che tuteli adeguatamente i diritti e gli obblighi della coppia medesima”. Una situazione che comporta un contrasto con l’articolo 2 considerando il sacrificio radicale dell’interesse della coppia che pure ha una relazione qualificabile come formazione sociale protetta dall’indicata norma costituzionale. A seguito di tale pronuncia, la Cassazione, alla luce della sentenza additiva della Consulta, ha accolto il ricorso della coppia perché, in questo modo, da un lato è tutelato l’interesse dello Stato “di non modificare il modello eterosessuale del matrimonio e dall’altro lato quello della coppia…a che l’esercizio della libertà di scelta compiuta dall’un coniuge con il consenso dell’altro, relativamente ad un così significativo dell’identità personale, non sia eccessivamente penalizzato con il sacrificio integrale della dimensione giuridica del preesistente rapporto”. Chiarito che va eliminato il divorzio automatico perché altrimenti sarebbe lesa la protezione costituzionale e convenzionale assicurata dall’articolo 8 della Convenzione europea che garantisce il nucleo di diritti fondamentali e doveri solidali propri delle relazioni affettive, la Cassazione ha consentito, così operando, la conservazione dei diritti e i doveri conseguenti al vincolo matrimoniale fino a quando non è introdotta altra forma di convivenza registrata che tuteli la coppia.
Si vedano i post http://www.marinacastellaneta.it/blog/alla-corte-costituzionale-lultima-parola-sul-divorzio-imposto-nel-caso-di-cambio-di-sesso-di-un-coniuge.html e http://www.marinacastellaneta.it/blog/cambiamento-di-sesso-nessuna-violazione-della-convenzione-europea-se-lo-stato-chiede-la-trasformazione-del-matrimonio-in-ununione-registrata.html
Aggiungi un commento