Il sistema legislativo italiano in materia di fecondazione assistita è incoerente. Se ne erano accorti tutti, ma non il parlamento che, malgrado le richieste di rivisitazione di una legge farraginosa e per molti aspetti ingiusta, non ha messo mano alla legge n. 40 del 2004. Adesso dovrà farlo grazie alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Costa e Pavan contro Italia depositata oggi (ricorso n. 54270/10, AFFAIRE COSTA ET PAVAN c ITALI) .
Alla Corte si era rivolta una coppia che, portatrice sana di fibrosi cistica, aveva chiesto di utilizzare la fecondazione omologa in vitro al fine di effettuare una diagnosi preimpianto e impedire malattie al proprio figlio. L’accesso era stato negato perché la legge italiana vieta la fecondazione omologa salvo in caso di coppie sterili e di rischi di malattie trasmissibili per via sessuale e di epatite B e C. Solo in questi casi, quindi, è possibile la diagnosi preimpianto. Di qui il ricorso a Strasburgo che ha dato ragione alla coppia. Prima di tutto – ha precisato la Corte – nell’articolo 8, che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, rientra anche il diritto ad avere un figlio che non sia affetto da malattie genetiche . In secondo luogo, la legge italiana è incoerente perché da un lato impedisce il ricorso alla diagnosi preimpianto, dall’altro lato consente di ricorrere all’aborto tereaupetico. Una scelta certo inconciliabile con le esigenze etiche e morali avanzate dallo Stato a giustificazione della legge, che non tiene conto dell’angoscia della donna e delle scelte dolorose connesse a un aborto terapeutico. Tra l’altro, tra 32 Stati del Consiglio d’Europa, solo Svizzera, Italia e Austria hanno legislazioni così restrittive. Inevitabile la condanna di Strasburgo (verdetto raggiunto all’unanimità) che ha anche ordinato allo Stato di pagare 15mila euro per i danni patrimoniali e 2.500 per le spese processuali.
La sentenza diventerà definitiva dopo 3 mesi, periodo entro il quale è possibile il ricorso alla Grande Camera.
In precedenza, con la sentenza del 1° aprile 2010 (S.H. e altri contro Austria, AFFAIRE SH ET AUTRES c AUTRICH), la Camera della Corte europea aveva ritenuto contrario alla Convenzione il divieto assoluto di ricorrere alla fecondazione eterologa stabilito nella legge austriaca, ma la Grande camera con sentenza del 3 novembre 2011 aveva ribaltato il giudizioCASE OF SH AND OTHERS v AUSTRI.
Si vedano i post del 9 giugno 2012 http://www.marinacastellaneta.it/procreazione-assistita-eterologa-la-corte-costituzionale-restituisce-gli-atti-ai-giudici-di-merito.html e del 3 novembre 2011 http://www.marinacastellaneta.it/marcia-indietro-della-cedu-sulla-fecondazione-eterologa.html.
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