L’immunità al principe saudita bin Salman va garantita. È quanto ha stabilito la Corte di appello per il distretto della Columbia con la sentenza depositata il 9 luglio nel procedimento Saad Aljabri contro Mohammed bin Salman e altri (n. 22-7150, immunity bin Salman) con la quale i giudici statunitensi hanno respinto il ricorso di un cittadino saudita che aveva lavorato per il suo Governo come esperto di sicurezza e nel campo della lotta al terrorismo. L’uomo si era trasferito in Canada e accusava bin Salman, che aveva assunto il ruolo di Primo Ministro e sostanzialmente rimosso il principe designato bin Nayef, di aver provato ad ucciderlo sospettandolo di spionaggio. La Corte distrettuale aveva respinto il ricorso e di qui l’azione in appello.
La Corte ha in parte accolto il ricorso bocciando l’operato dei giudici di primo grado i quali lo avevano respinto anche in ragione del fatto che mancava la giurisdizione su base personale prevista dal Quinto emendamento secondo il quale perché sia riconosciuta la competenza dei giudici Usa è necessario il rispetto del parametro dei “minimum contacts” con gli Stati Uniti, proprio al fine di assicurare una giustizia equa ed effettiva. Per la Corte di appello, i legami tra i convenuti con alcuni cittadini arabi che erano negli Stati Uniti poteva costituire un contatto idoneo a fondare la giurisdizione su base personale e, quindi, sul punto, i giudici di primo grado avrebbero dovuto fornire un’adeguata motivazione. Ma l’azione è stata ugualmente bloccata in ragione della riconosciuta immunità dalla giurisdizione rivendicata da bin Salman in quanto Capo del Governo dal 27 settembre 2022. La Corte ha ricostruito la prassi dei tribunali Usa e del Dipartimento di Stato richiamando il caso Cengiz v. bin Salman (No. 20-03009) in cui era stata già riconosciuta l’immunità in quanto Primo Ministro e ha confermato quella conclusione proprio perché la situazione non era cambiata rispetto al ricorso presentato da Saad Aljabri. Resta ferma, così, l’assenza di giurisdizione in ragione dell’immunità dei capi di governo che – scrive la Corte – “is an extension of the common law doctrine of foreign sovereign immunity”, che include due tipologie di immunità, quella basata sullo status e quella basata sulla condotta. Respinto, così, il ricorso.
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