L’autorità e l’imparzialità del sistema giudiziario vanno salvaguardate. Di conseguenza, non costituisce una violazione del diritto alla libertà di espressione la decisione dei tribunali nazionali che condannano un avvocato che esprime accuse non fondate verso un magistrato in servizio. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Peruzzi contro Italia depositata il 30 giugno 2015, con la quale Strasburgo ha respinto il ricorso e dato ragione all’Italia (AFFAIRE PERUZZI c. ITALIE). A rivolgersi alla Corte europea è stato un avvocato che aveva prima inviato una lettera al Consiglio superiore della magistratura con la quale si lamentava del comportamento di un giudice che si era occupato di una causa di divisione ereditaria nella quale il legale assisteva alcune parti. Successivamente, la lettera circolare era stata inviata ai giudici del tribunale nel quale il magistrato lavorava. Quest’ultimo lo aveva denunciato e il legale era stato condannato in primo grado a una pena privativa della libertà personale e in secondo grado al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 400 euro, nonché a risarcire il magistrato per un importo pari a 15mila euro. Il legale aveva deciso di agire dinanzi alla Corte europea ritenendo che fosse stato violato l’articolo 10 che assicura il diritto alla libertà di espressione anche perché riteneva di aver agito nel contesto della sua attività professionale e che le critiche riguardavano il sistema giudiziario. Una posizione che Strasburgo non ha condiviso. Prima di tutto, la lettera faceva espresso riferimento alla vicenda nella quale il magistrato aveva svolto la sua attività e non si trattava in alcun modo di un atto legato all’esercizio della sua attività professionale. Il legale aveva accusato il magistrato di aver adottato decisioni ingiuste ed arbitrarie e di aver agito con dolo o colpa violando sostanzialmente le regole deontologiche. Critiche che poi non avevano alcuna base fattuale tanto più che il legale non aveva in alcun modo atteso la chiusura del procedimento dinanzi al Consiglio superiore della magistratura. La Corte europea riconosce che per i magistrati in servizio i limiti di critica ammissibile sono più ampi per i magistrati che agiscono nell’esercizio dei propri poteri rispetto ai privati, ma senza poter essere equiparati ai politici. A ciò si aggiunga che è da tutelare la fiducia che la collettività deve avere nell’amministrazioe della giustizia. Inoltre, la sanzione comminata dai giudici di appello è stata proporzionata proprio tenendo conto che era in gioco non solo la reputazione del magistrato ma anche l’autorevolezza e l’imparzialità del potere giudiziario.
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