L’espulsione di un cittadino iraniano, che per 16 anni ha vissuto legalmente in Australia e che determina una separazione da una parte della famiglia, è contraria al diritto al rispetto della vita familiare assicurato dagli articoli 17 e 23 del Patto sui diritti civili e politici. Di conseguenza, l’Australia, decidendo l’espulsione del cittadino iraniano e, quindi, di sua moglie e di sua figlia minorenne (che avevano deciso di seguirlo), allontanandoli dagli altri due figli maggiorenni legalmente residenti in Australia, ha violato il patto. Lo ha deciso il Comitato dei diritti dell’uomo con la constatazione del 28 aprile 2015 (CCPR/C/113/D/1937/2010,Australia) a seguito della Comunicazione n. 1937/2010.
A rivolgersi al Comitato è stato un cittadino iraniano che, dotato di un visto temporaneo in Australia da ben 16 anni, si era visto opporre un diniego al permesso permanente di residenza. Non era così potuto rimanere in Australia ed era stato espulso con la moglie e la figlia minorenne, mentre altri due figli maggiorenni e legalmente residenti erano rimasti in Australia. Una divisione della famiglia con un’evidente ingerenza arbitraria nella vita familiare del ricorrente, vietata dall’articolo 17, tanto più che il diniego è stato fondato su generiche ragioni di sicurezza nazionale, senza fornire prove di qualche violazione e creando ostacoli al rapporto cliente-avvocato. Di qui l’arbitrarietà e l’illegittimità dell’ingerenza.
Va segnalato che il procedimento dinanzi al Comitato è durato ben 5 anni, considerando che la comunicazione del ricorrente è stata depositata il 16 aprile 2010.
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