Attivisti dei diritti umani alleati della democrazia ma pochi Stati membri li accolgono con permessi di lunga durata

Gli attivisti impegnati nella protezione dei diritti umani sono essenziali per la democrazia e gli Stati devono assicurare strumenti in grado di tutelarli. È questa la richiesta dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali che ha pubblicato il rapporto intitolato “Protecting Human Rights Defenders at Risk: EU entry, stay and support” (Rapporto HR defenders). Nel 2022 ben 400 attivisti sono stati uccisi (ed è solo il numero degli omicidi confermati), ma nell’Unione europea manca una regolamentazione funzionale a proteggere gli attivisti così come non esiste un approccio UE alla questione anche se, di recente, la Commissione europea ha presentato, il 27 aprile 2022, una proposta di direttiva sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi («azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica») e una raccomandazione, la n. 2022/758 del 27 aprile 2022 sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani attivi nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi («azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica»).

Tuttavia, attraverso un’analisi degli atti interni, l’Agenzia vuole fornire raccomandazioni agli Stati su come intervenire e su come fornire supporto agli attivisti di Paesi terzi che intendono entrare nell’Unione europea e che oggi vedono pochi Paesi disposti a concedere permessi di soggiorno di lunga durata. L’Agenzia ha redatto il rapporto analizzando la situazione in alcuni Stati come Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia, mentre manca l’Italia (qui le schede sui diversi Stati HR Defenders). 

 

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