La stipulazione di un contratto di assicurazione di tutela giudiziaria consente la libertà di scelta dell’avvocato in un procedimento giudiziario o amministrativo. E questo anche nei casi in cui non sia obbligatoria la presenza di un legale nel procedimento interno. E’ il principio stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa Sneller (C-442/12) depositata il 7 novembre (C-442:12).
La controversia era sorta tra un cittadino che aveva stipulato un’assicurazione di tutela giudiziaria e una compagnia assicuratrice. L’assicurato, che voleva citare in giudizio il proprio datore di lavoro dopo il licenziamento, aveva indicato un avvocato. La compagnia di assicurazione aveva acconsentito al pagamento delle spese processuali ma non di quelle legate ai costi per l’avvocato ritenendo di potersi avvalere del proprio staff anche perché nel procedimento non era obbligatoria la presenza di un legale. I tribunali nazionali in primo e secondo grado avevano dato ragione alla società. Ma i giudici di ultimo grado, nutrendo dubbi sull’interpretazione della direttiva 87/344 sul coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’assicurazione tutela giudiziaria (recepita in Italia con Dlgs n. 390/1991) hanno sospeso il procedimento e si sono rivolti alla Corte Ue. Che è stata chiara nel raggiungere una soluzione favorevole all’assicurato. La direttiva – osservano gli eurogiudici – non intende limitare la scelta dell’avvocato ai soli casi in cui l’assicuratore “decida che è necessario avvalersi di un consulente esterno”. In caso contrario, l’assicurato non sarebbe adeguatamente tutelato e non sarebbe raggiunto uno degli obiettivi fissati nell’atto Ue, privato del suo effetto utile. Di conseguenza, sono da respingere le interpretazioni restrittive che conducono a un abbassamento della tutela dell’assicurato. E’ vero che questo potrebbe determinare un incremento degli importi relativi ai premi assicurativi, ma le compagnie di assicurazione hanno la possibilità di stabilire la limitazione delle spese sostenute. A patto che la libertà di scelta “non venga svuotata della sua sostanza”. Situazione – precisa Lussemburgo – che si potrebbe verificare se la compagnia ponesse limiti tali nella “presa a carico delle spese” rendendo impossibile, in via di fatto, “una scelta ragionevole da parte dell’assicurato del suo rappresentante”.
Nel caso all’esame della Corte, quindi, le limitazioni contrattuali arretrano di fronte all’obiettivo della direttiva. Pertanto, malgrado la società avesse previsto nel contratto che le cause sarebbero state trattate dai propri collaboratori, ad esclusione dei casi in cui la stessa compagnia avesse ritenuto necessario ricorrere a un esterno, lasciando, in questi casi, libertà di scelta all’assicurato, Lussemburgo riconosce, in base alla direttiva, un diritto di scelta ampio all’assicurato. Aperta la strada alla libertà di scelta, però, la Corte pone un argine consentendo alle parti di concordare una copertura legale con un premio più alto, senza però compromettere il risultato utile conseguito dalla direttiva.
Sciolto questo nodo interpretativo, i giudici Ue hanno anche precisato che sulla libertà di scelta del proprio rappresentante non incidono le norme processuali interne. Questo vuol dire che il diritto di individuare il legale scatta anche quando l’ordinamento interno non prevede l’obbligatoria presenza di un avvocato nel procedimento nazionale.
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