Arbitrato internazionale: il no all’appello non è contrario alla CEDU

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con la decisione Tabbane contro Svizzera (ricorso n. 41069/12) depositata il 1° marzo e divulgata ieri, ha spianato la strada alle scelte di politica legislativa degli Stati parti alla Convenzione che favoriscono la diffusione dell’arbitrato (TABBANE c. SUISSE). Per Strasburgo non si verifica alcuna violazione del diritto di accesso alla giustizia e all’equo processo se le norme di diritto internazionale privato di uno Stato sanciscono che, nel caso in cui le parti a una controversia scelgano di avvalersi dell’arbitrato, sia preclusa la possibilità di appello. A rivolgersi alla Corte, un cittadino tunisino il quale aveva stipulato un contratto con la multinazionale francese Colgate: nel contratto era anche inclusa una clausola arbitrale con la quale le parti rinunciavano ad adire i tribunali ordinari optando, in caso di controversie, per l’arbitrato secondo le regole della Corte internazionale di arbitrato. Era stato così costituito un collegio che aveva scelto come sede la Svizzera, con la conseguenza che tale legge era quella applicabile. Il collegio arbitrale aveva condannato l’uomo d’affari a restituire le azioni e a pagare le spese processuali. L’imprenditore aveva fatto appello al tribunale federale svizzero che, però, aveva respinto il ricorso ritenendo che la libera scelta dell’arbitrato, in base alla legislazione svizzera, impediva la possibilità di appello. Di qui il ricorso a Strasburgo, poi proseguito dai figli e dalla moglie. Per la Corte europea, che ha dichiarato il ricorso irricevibile, non si è verificata alcuna violazione della Convenzione perché la legislazione svizzera persegue un fine legittimo ossia quello di favorire lo sviluppo dell’arbitrato. Il diritto di accesso a un tribunale – osserva Strasburgo – non implica necessariamente il diritto di adire un tribunale di tipo classico. L’articolo 6 della Convenzione, infatti, non si oppone ai tribunali arbitrali funzionali a giudicare controversie di natura patrimoniale. A ciò si aggiunga che, nel caso in esame, l’arbitrato era stato liberamente scelto dalle parti, nell’esercizio dell’autonomia negoziale. Ed invero, se si tratta di un arbitrato obbligatorio vanno applicate tutte le garanzie dell’articolo 6, a differenza dei casi di arbitrato volontario scelto liberamente dalle parti che rinunciano spontaneamente ad alcune garanzie. Nel caso in esame, nessun dubbio che il ricorrente avesse effettuato una scelta libera e senza equivoci. Tra l’altro, l’articolo 192 della legge di diritto internazionale privato svizzero, che punta a incrementare l’attratività e l’efficacia dell’arbitrato internazionale, escludendo il doppio grado di giurisdizione, è stato applicato perché il collegio arbitrale, con un arbitro scelto proprio dal ricorrente, aveva deciso la sede del collegio in svizzera e l’applicazione di tale legge che, in caso contrario, non sarebbe stata applicata in assenza di qualunque genere di legame con le parti e con il contratto. A ciò si aggiunga – precisano i giudici internazionali – che in base all’ordinamento elvetico, se la sentenza arbitrale deve essere eseguita in Svizzera va applicata la Convenzione di New York per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, con un controllo, quindi, supplementare e piena rassicurazione circa il rispetto dei diritti umani.

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