L’Italia usa toni rassicuranti e ribadisce che la sentenza della Grande Camera del 23 febbraio 2012 nel caso Hirsi, che è costata una condanna per le espulsioni di massa verso la Libia, è stata eseguita. Ma stando alle numerose prese di posizioni di organizzazioni non governative e istituzioni internazionali le cose non sembrano proprio così. Il 5 settembre 2012, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha inviato una lettera al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa in vista della riunione sulla verifica dell’esecuzione della sentenza da parte dell’Italia (2012dd811DH). Prima di tutto, l’Alto Commissariato chiede al Governo ogni sforzo per individuare i ricorrenti titolari del diritto all’indennizzo e una modifica degli accordi che non mettono bene in chiaro che la tutela dei diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo viene prima di ogni esigenza di contrasto all’immigrazione clandestina. Nessuna deroga al divieto di non refoulement e nessun rimpatrio verso Paesi in cui è ben nota la grave situazione nella tutela dei diritti umani. In questi casi, se lo Stato decide di procedere al rimpatrio spetta al Governo dimostrare che la tutela della persona è pienamente garantita e che non sussiste alcun rischio.
Si vedano i post del 27 agosto 2012 http://www.marinacastellaneta.it/sul-caso-hirsi-interviene-amnesty-international.html e del 30 luglio http://www.marinacastellaneta.it/ecco-il-piano-dazione-del-governo-per-lesecuzione-della-sentenza-hirsi.html
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