Diminuiscono gli arrivi nel Mediterraneo centrale (-77% rispetto a quelli dello stesso periodo del 2017), ma l’Unione europea deve fare di più (e diremmo meglio) per i flussi migratori. In questa direzione la Commissione europea, nella Comunicazione del 16 maggio su “Agenda europea sulla migrazione e della sua tabella di marcia” (COM(2018)301), ha indicato le nuove azioni da intraprendere, che devono essere messe in campo da tutti gli Stati membri dell’Unione europea (qui le statistiche, allegati). Nel segno di quello che appare sempre più un miraggio ossia solidarietà e responsabilità.
Non ha funzionato la dichiarazione UE-Turchia: gli arrivi – scrive la Commissione – sono aumentati da marzo 2018, sia verso le isole greche (9.349 dall’inizio del 2018) sia attraverso la frontiera terrestre (ad oggi 6.108, dato nove volte superiore rispetto allo stesso periodo del 2017). Così, il numero di arrivi lungo la rotta del Mediterraneo, con 6.623 in Spagna dal gennaio 2018 (22% in più rispetto ai primi mesi del 2017).
Per migliorare l’attività dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera la Commissione ha presentato un documento sulla revisione della legislazione sui funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione inviati dagli Stati membri dell’UE nei Paesi terzi per intensificare la dimensione europea del coordinamento con partner fondamentali (COM(2018)303). Necessarie nuove forze soprattutto alla frontiera terrestre tra la Grecia e la Turchia e lungo le frontiere terrestri greche con l’Albania e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Non è chiaro invece con quali modalità l’Unione europea intenda proseguire per “affontare le cause profonde della migrazione, proteggendo nel contempo i migranti lungo le rotte e offrendo soluzioni alternative alla migrazione irregolare”. Questo, nella visione della Commissione europea, vuol dire rafforzare i rimpatri volontari (???) dalla Libia. Nessun cenno ai diritti umani. La Commissione ha evidenziato che il Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa ha predisposto 147 programmi, “per un importo totale attuale di 2,59 miliardi di euro, che finanziano iniziative cruciali, quali i rimpatri volontari dalla Libia. Tuttavia, un importante deficit di finanziamento di circa 1,2 miliardi di euro rischia di compromettere questi sforzi se l’UE e gli Stati membri non vi fanno fronte”.
Sui rimpatri, nel 2017 è stata data effettiva esecuzione solo al 36,6% dei provvedimenti. Per i programmi di reinsediamento, gli Stati sono ancora lontani dalla realizzazione del 50% degli impegni di reinsediamento entro ottobre 2018.
Per quanto riguarda l’asilo, la Commissione segnala un incremento nell’arretrato, con richieste concentrate in pochi Stati membri, con un alto tasso di riconoscimento per cittadini siriani, eritrei e somali. Nei confronti dell’Italia, la Commissione mostra una condivisione del sistema di hotspot e giudica positivamente l’apertura di 3 nuovi centri (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/hotpost-di-taranto-strasburgo-comunica-al-governo-alcuni-ricorsi-contro-litalia.html).
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