Il giudice italiano non ha giurisdizione se il minore ha residenza abituale negli Stati Uniti. Lo ha chiarito, il 5 giugno, la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza n. 13912/17 (13912).
Questi i fatti. Il padre di una bambina aveva chiesto al Tribunale di Roma di modificare le condizioni della separazione consensuale dalla moglie in particolare con riferimento all’affidamento della figlia minorenne. La ex moglie aveva eccepito il difetto di giurisdizione perché la bimba risiedeva con lei da due anni negli Stati Uniti. Il tribunale aveva respinto l’eccezione perché riteneva l’istanza come integrativa del provvedimento di separazione per la quale la donna aveva accettato la giurisdizione del giudice italiano. La donna, però, aveva sollevato, ex articolo 41 c..p.c., la questione della giurisdizione dinanzi alla Cassazione che si è così pronunciata sul regolamento di giurisdizione. Prima di tutto, la Suprema Corte ha ribadito l’autonomia tra il giudizio di separazione e il successivo procedimento sulla revisione per la parte relativa all’affidamento del minore in linea con l’articolo 12, paragrafo 2, lett. a del regolamento 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale. Questo anche perché il criterio di attribuzione della giurisdizione fondato sulla vicinanza, che è incentrato sul principio dell’interesse superiore del minore, “assume una pregnanza tale da comportare anche l’esclusione della validità del consenso del genitore sulla proroga della giurisdizione”. Nel caso in esame, la minore aveva doppia cittadinanza, italiana e statunitense, con residenza abituale negli Stati Uniti. Ed invero, il provvedimento richiesto, secondo la Cassazione, persegue l’obiettivo di proteggere la minore e, quindi, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 42 della legge n. 218/1995 che rinvia alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori resa esecutiva con legge 24 ottobre 1980 n. 742. Questo ha come conseguenza che, trattandosi di minore con doppia cittadinanza, non si può applicare l’articolo 4 della Convenzione che sancisce la prevalenza “delle misure adottate dal giudice del luogo di cui il minore è cittadino su quelle adottate nel luogo di residenza abituale”. A ciò si aggiunga che – scrive la Cassazione – l’Italia non si è avvalsa della possibilità “di creare una competenza speciale per le misure attinenti ai minori”, come previsto dall’articolo 15 della citata Convenzione. D’altra parte, va anche considerato che il parametro della residenza abituale garantisce la tutela della continuità affettiva e valorizza, così, la preminenza dell’interesse superiore del minore. Pertanto, per la Cassazione, il giudice italiano non è competente in forza della residenza abituale della minore negli Stati Uniti.
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