Accesso alle prove di esame di ampia portata garantito dalla Corte Ue

Le prove di esame contengono dati personali e, quindi, il candidato respinto ha diritto di accedere agli scritti che contengono annotazioni dell’esaminatore. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 20 dicembre 2017, causa C-434/16 (Nowak, C-434:16) con la quale Lussemburgo ha fornito chiarimenti sulla direttiva 95/46 sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati, che sarà sostituita, dal 25 maggio 2018, dalla 2016/679. A chiedere l’intervento degli eurogiudici è stata la Corte suprema irlandese alle prese con una controversia tra un candidato all’esame di esperti contabili e il Garante nazionale per la protezione dei dati personali. L’uomo non aveva superato una prova e aveva chiesto di accedere ai testi delle prove scritte, ma sia l’organizzazione professionale degli esperti contabili sia il Garante irlandese per la protezione dei dati personali erano d’accordo nel non consentire l’accesso ritenendo che le prove di esame non possono essere qualificate come dati personali. Una conclusione non condivisa dalla Corte Ue. La direttiva – osserva Lussemburgo – utilizza l’espressione “qualsiasi informazione” nella nozione di “dati personali” di cui all’articolo 2 della direttiva con un chiaro intento di affermare una nozione ampia, non limitata a dati sensibili o di ordine privato. Ciò che conta, infatti, è che le informazioni riguardino la persona interessata e, così, è evidente che le risposte fornite da un candidato a un esame sono informazioni connesse alla persona interessata e, quindi, dati personali. Tanto più che l’uso di tali informazioni, “che si traduce, segnatamente, nel successo o nel fallimento del candidato all’esame di cui trattasi, può avere un effetto sui diritti e interessi dello stesso, in quanto può determinare o influenzare, per esempio, le sue possibilità di accedere alla professione o all’impiego desiderato”, situazione che non cambia anche se si tratta di un esame con libera consultazione di materiale. Per la Corte, anche le annotazioni dell’esaminatore, poiché esprimono l’opinione o la valutazione sulle prestazioni individuali del candidato durante l’esame, vanno incluse tra i dati personali del candidato, mentre è priva di rilevanza “in tale contesto la questione se l’esaminatore possa o no identificare il candidato al momento della correzione e della valutazione della prova di esame”. Qualificate le risposte e le annotazioni come dati personali scatta l’obbligo del responsabile del trattamento dati di evitare la diffusione, avendo cura di impedire un accesso illecito di terzi. In ultimo, la Corte ha chiarito che il candidato ha diritto di chiedere la distruzione delle sue risposte decorso un determinato periodo di tempo in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), della direttiva in base alla quale “i dati personali possono, in linea di principio, essere conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati”.

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