Violato l’ordine pubblico processuale se, nel procedimento che porta all’adozione di una sentenza resa dai giudici di uno Stato Ue, è interrotta l’acquisizione di una prova, come l’esame del DNA, funzionale ad accertare il legame di paternità e l’assegno di mantenimento. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con la sentenza n. 5327 depositata il 26 febbraio 2021 con la quale è stato accolto il ricorso di un cittadino italiano secondo il quale il Tribunale di Nola prima e la Corte di appello di Napoli poi non avrebbero applicato correttamente il limite dell’ordine pubblico processuale dando il via libera all’esecuzione della sentenza straniera (Cassazione civile). Con tale provvedimento era stato riconosciuto il legame di paternità tra l’uomo e il figlio minorenne, nato da un’unione con una cittadina polacca. Con sentenza dei giudici polacchi era stato accertato l’indicato legame e stabilito l’obbligo di una somma mensile a favore del minore. L’uomo aveva impugnato i provvedimenti ritenendo che il Tribunale polacco avesse violato l’ordine pubblico processuale, prima ammettendo e poi bloccando la prova del DNA. La Cassazione ha accolto il ricorso e stabilito il principio di diritto in base al quale “in tema di esecutività della sentenza straniera, integra una violazione del diritto alla prova della parte, tenuta agli obblighi seguenti alla sentenza di cui viene richiesta l’esecutività, e così pure dell’ordine pubblico processuale, la decisione del giudice straniero che, in relazione a un rilevante bene della vita (quale l’accertamento della paternità naturale), si basa su una motivazione apodittica”, prima prevedendo e poi revocando l’ammissione della prova del DNA. Per la Suprema Corte, l’analisi del rispetto delle garanzie fondamentali deve avvenire “secondo i termini previsti dagli appositi regolamenti comunitari” (ossia il regolamento n. 44/2001, come sostituito dal n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale). Così, osserva la Cassazione, il giudice italiano è tenuto a verificare che siano rispettati i principi fondamentali anche per quel che riguarda il procedimento formativo della decisione, “posti a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio”, così come del contraddittorio. Detto questo, però, la Cassazione ha precisato che non si configura una violazione per il solo fatto della mancata prova dell’esame del DNA perché, in sostanza, questo esame è simile ad altre prove per le quali vale il principio del libero convincimento del giudice che può ricorrere ad altri mezzi. Tuttavia, in questo caso, il giudice polacco aveva preso una decisione interrompendo, poi, l’acquisizione della prova senza giustificazione. Per questo motivo, l’esecuzione della sentenza straniera è in contrasto con l’ordine pubblico processuale.
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