Irricevibile il terzo ricorso di Previti alla CEDU

Nessuna violazione del diritto all’equo processo, del diritto alla presunzione d’innocenza e del principio di irretroattività della legge penale più severa. La Corte europea, con decisione depositata il 12 febbraio 2013 ha dichiarato irricevibile il ricorso di Previti contro l’Italia (ricorso n. 1845/08, PREVITI c. ITALIE). Il ricorrente sosteneva che nel processo “IMI/SIR” e “Lodo Mondadori” che aveva condotto alla sua condanna, era stato violato l’articolo 6 della Convenzione europea che assicura il diritto all’equo processo e l’articolo 7 il quale codifica il principio nulla poena sine lege. Sotto il primo profilo, il ricorrente riteneva che i giudici i quali si erano pronunciati nel procedimento dinanzi alla Corte di cassazione non erano stati imparziali perché si erano già occupati di un ricorso straordinario che lo riguardava. Una tesi respinta dalla Corte europea per la quale la semplice circostanza che un giudice si pronunci su un ricorso straordinario per di più relativo a una questione preliminare di competenza e non su questioni legate all’accertamento della colpevolezza non costituisce una violazione dell’equo processo e della presunzione d’innocenza. Per Strasburgo, infatti, la partecipazione di uno o più giudici a una decisione anteriore non impedisce a detti giudici di prendere parte a uno stadio ulteriore del procedimento. Nessuna violazione, poi, del principio della presunzione d’innocenza. L’assenza di una prova contabile relativa al trasferimento di denaro verso il corrotto non comporta – osservano i giudici internazionali – alcuna violazione della presunzione d’innocenza tanto più che il reato di corruzione in atti giudiziari è stato dimostrato con altri indizi precisi, gravi e concordanti. Per quanto riguarda la violazione dell’articolo 7 che, secondo il ricorrente, garantirebbe non solo l’irretroattività della legge penale più severa ma assicurerebbe anche la retroattività della legge penale più favorevole, la Corte europea non ha avuto dubbi nel respingere la tesi secondo la quale le norme sulla prescrizione sarebbero da considerare norme sostanziali. Per Strasburgo, infatti, queste sono norme procedurali e, quindi, tenendo conto che solo per quelle sostanziali si applica il principio della retroattività della legge penale meno severa, non c’è stata alcuna violazione. Di conseguenza, la mancata applicazione dei termini di prescrizione più favorevoli sopraggiunti con la legge n. 251 del 5 dicembre 2005 che avevano portato il termine di prescrizione per la corruzione da 15 a 8 anni, temine però non applicabile ai procedimenti già in cassazione, non ha comportato una violazione della Convenzione.

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