La Cassazione interviene sull’esecuzione in Italia di sentenze straniere di condanna

Nessuna violazione del principio di prevedibilità della pena e pari gravità e afflittività della sanzione nel riconoscimento della sentenza straniera da eseguire in Italia per il solo fatto che il condannato all’ergastolo in Germania non possa accedere, in Italia, alla libertà condizionale dopo 15 anni, come previsto nel Paese che ha pronunciato la condanna. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 41552 depositata il 3 novembre (sentenza straniera) con la quale è stata accolta l’istanza di revoca della precedente pronuncia della Suprema Corte, ma è stata confermata la decisione della Corte di appello di Catanzaro che aveva accolto la richiesta di riconoscimento della sentenza irrevocabile del 2011 resa dal Tribunale di Monaco di Baviera. Il ricorso è stato presentato da un cittadino italiano condannato all’ergastolo in Germania. L’uomo aveva acconsentito al trasferimento in Italia ma senza avere, a suo dire, la consapevolezza che mentre in Germania, dopo 15 anni, avrebbe potuto avvalersi della libertà condizionale, ciò non sarebbe potuto avvenire in Italia. L’uomo aveva chiesto la revoca della sentenza della Cassazione avverso la pronuncia della Corte di appello che aveva accolto la richiesta di riconoscimento della sentenza straniera in quanto, a suo dire, la Suprema Corte non aveva considerato la memoria difensiva. Con la pronuncia del 3 novembre, la Cassazione ha disposto la revoca della sentenza ma, nella sostanza, ha dato torto al ricorrente escludendo una violazione della Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate (Strasburgo, 21 marzo 1983, ratificata ed eseguita con legge n.334 del 25 luglio 1988) per il fatto che la pena inflitta dall’autorità giudiziaria tedesca (ergastolo con possibilità di libertà condizionale dopo aver scontato 15 anni di reclusione) era stata trasformata in ergastolo (fine pena mai). Questo per la Suprema Corte non è una violazione dell’articolo 735, comma 3, c.p.p. il quale prevede che “in nessun caso la pena così determinata può essere più grave di quella stabilita nella sentenza straniera” perché in Italia non è stata prevista “l’applicazione di una pena più grave di quella inflitta in Germania” e perché anche in Italia è possibile applicare istituti che permettono al condannato di non scontare l’intera pena. Di conseguenza, la Cassazione ha escluso la violazione dell’art. 735 e della Convenzione di Strasburgo nella parte in cui essa impedisce il trasferimento in un altro Paese se ne deriva un aggravamento “della posizione penale del detenuto”.

3 Risposte
  • Ml
    dicembre 9, 2022

    La Convenzione applicata dalla Cassazione non è la convenzione di assistenza giudiziaria del 1959, ma la convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate del 1983

  • Marina Castellaneta
    dicembre 10, 2022

    Grazie modifico.

  • Marina Castellaneta
    dicembre 10, 2022

    In effetti anche dopo avevo scritto sul trasferimento delle persone condannate.

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *