Crimea: presa di posizione della Commissione Venezia

I due pareri espressi dalla Commissione Venezia del Consiglio d’Europa sul referendum in Crimea e sulla decisione russa di annettere la regione, depositati il 21 marzo, mettono in chiaro le violazioni della Russia “senza se e senza ma”. Prima di tutto, nel parere n. 762/2014 (762 ) la Commissione Venezia si è soffermata sulla decisione presa dal Consiglio supremo della Repubblica autonoma di Crimea in Ucraina di indire il referendum (CDL-AD(2014)002) e ha chiarito non solo le violazioni della Costituzione ucraina ma anche degli standard internazionali, inclusi i principi stabiliti dalla stessa Commissione Venezia nel codice di buone prassi per i referendum. Non solo. La Commissione ha individuato una violazione dell’articolo 3 del Primo Protocollo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riconosce il diritto a libere elezioni “in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo” e dell’articolo 25 del Patto sui diritti civili e politici di analoga portata. Ed invero, il referendum non appare conforme agli standard internazionali sia per l’assenza di una base normativa idonea a istituirlo sia per le modalità di svolgimento considerando la presenza dei paramilitari di chiara matrice russa. Senza dimenticare – precisa la Commissione Venezia – che la Costituzione Ucraina, al pari di altre costituzioni degli Stati membri del Consiglio d’Europa, afferma il principio dell’indivisibilità del Paese e non consente referendum locali con finalità di secessione.

Ancora più interessante il parere n. 763/2014 (CDL-AD(2014)004, parere) sul progetto di legge costituzionale finalizzato all’ammissione della Crimea alla Federazione russa, nel quale il gruppo di lavoro della Commissione, costituito anche dall’italiano Sergio Bartole, evidenzia la violazione del principio dell’integrità territoriale riconosciuto per di più nella stessa costituzione russa. La cessione di un territorio – si precisa nel rapporto – è possibile solo con il pieno consenso del governo interessato e, in ogni caso, assicurando il pieno rispetto dei diritti umani. La legalità della cessione, infatti, non può certo essere valutata sulla base delle regole dello Stato che procede all’annessione ma deve essere apprezzata sulla base dello Stato territoriale. Il diritto all’autodeterminazione, inoltre, non include in alcun modo il diritto di secessione come confermato anche dalla Corte suprema canadese in relazione al Quebec. Tra le altre affermazioni in questa direzione, è ricordato il rapporto della Commissione d’inchiesta istituita durante il conflitto in Georgia nella quale è stato affermato chiaramente che l’Abkhazia non aveva un diritto di secessione dalla Georgia in base al diritto internazionale proprio perché l’autodeterminazione non include in alcun modo il diritto di secessione. Di conseguenza, per la Commissione Venezia, la decisione russa costituisce una violazione del principio della salvaguardia dell’integrità territoriale, della sovranità degli Stati, del non intervento negli affari interni di un altro Stato e del principio pacta sunt servanda.

Si vedano i post  http://www.marinacastellaneta.it/blog/annessione-della-crimea-in-dirittura-darrivo.html e http://www.marinacastellaneta.it/blog/ucraina-contro-russia-interviene-la-cedu.html).

Si veda inoltre l’articolo di De Sena e Gradoni, Crimea: le ragioni del torto (russo) e il torto delle ragioni (occidentali), in http://www.sidi-isil.org/sidiblog/?p=773.

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