Per la CEDU i tagli ad alcune pensioni sono compatibili con la Convenzione europea

In caso di difficoltà finanziarie, che impediscono per di più il rispetto di obblighi internazionali, uno Stato può imporre alcuni tagli alle pensioni di una determinata categoria di persone. A condizione che sia raggiunto un giusto equilibrio tra le esigenze di carattere generale della collettività e i diritti individuali delle persone colpite dai tagli. E’ il principio stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, con decisione dell’8 ottobre (DA CONCEICAO MATEUS AND SANTOS JANUARIO v. PORTUGAL), diffusa nei giorni scorsi, raggiunge una soluzione, almeno per certi aspetti, di segno opposto rispetto alle conclusioni della Corte costituzionale italiana relativa alla sentenza del 5 giugno 2013 n. 116 (213). Alla Corte europea si erano rivolti alcuni cittadini portoghesi, dipendenti pubblici, che una volta in pensione si erano visti tagliare il sussidio di festività. Questo in conseguenza della necessità di rispettare i parametri fissati dall’Unione europea che avevano spinto il Portogallo a disporre interventi per ridurre le spese. I pensionati, dopo una lunga controversia, si erano rivolti alla Corte costituzionale portoghese che aveva dichiarato violato il principio di uguaglianza perché i tagli riguardavano unicamente i dipendenti pubblici e avevano dichiarato la legge finanziaria, che disponeva gli interventi, incostituzionale. Tuttavia, poiché per il 2012 non era possibile trovare alternative, in ragione dell’eccezionale interesse pubblico sotteso, aveva acconsentito all’applicazione dei tagli nel 2012. I pensionati si erano così rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo ritenendo violato il diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 del Protocollo n. 1. Ma Strasburgo, di fatto, ha dato torto ai ricorrenti ritenendo il ricorso irricevibile. La Corte riconosce che gli Stati sono liberi nella scelta del regime di sicurezza sociale. Tuttavia, nel momento in cui è introdotta una legge che riconosce un diritto individuale, gli Stati devono garantire il pieno rispetto dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Detto questo, che farebbe pensare a una soluzione favorevole ai ricorrenti che avevano diritti acquisiti in base alla legge, la Corte attribuisce agli Stati un ampio margine di discrezionalità e la possibilità di intervenire laddove vi siano esigenze di interesse collettivo e le risorse dello Stato siano limitate. Un via libera ai tagli, a condizione, però, che essi non intacchino l’essenza del diritto e siano proporzionali. Pertanto, mentre una totale privazione del diritto che porti a una perdita dei mezzi di sussistenza è senza dubbio contrario alla Convenzione, “l’imposizione di una ragionevole e proporzionata riduzione non lo è”. Senza dimenticare che i tagli erano dovuti alla grave crisi economica e avevano natura transitoria. Di qui la non contrarietà alla Convenzione anche se i tagli avevano colpito i pensionati del settore pubblico e non privato. Una conclusione che porta a ritenere che laddove uno Stato decida di colpire le pensioni d’oro, con entrate sproporzionate di alcuni categorie rispetto al resto della collettività, per affrontare una grave crisi economica, non commette una violazione della Convenzione europea e non intacca il principio di uguaglianza. Difficile, a questo punto, pensare che i tagli alle pensioni d’oro possano costituire una violazione della Costituzione, anche italiana, a condizione che l’intervento dello Stato sia eseguito seguendo le chiare indicazioni di Strasburgo.

2 Risposte
  • Alessandro
    novembre 22, 2013

    Pensioni d’oro o alte? Sono due cose differenti sopratutto in considerazione se uno ha pagato i contributi o meno!
    In Italia prima di tagliare pensioni bisognerebbe combattere il lavoro nero (pensioni minime) e l’evasione (pensioni minime) perchè questa è la vera caratteristica differenziante dagli altri Paesi. Altrimenti è solo un esproprio proletario legalizzato!

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