Divorzio imposto nel caso di cambio di sesso di un coniuge: contrasta con la CEDU?

Lo scioglimento del matrimonio imposto dalla legge a seguito del cambio di sesso di uno dei coniugi appare in contrasto con diverse fonti costituzionali e internazionali. Di conseguenza, la Corte di cassazione, sezione prima civile, con ordinanza n. 14329 del 6 giugno 2013 (2013_14329), ha deciso di rimettere diverse questioni di costituzionalità alla Consulta prima di pronunciarsi. La vicenda ha preso il via dalla trascrizione di una sentenza di rettificazione di sesso di un componente della coppia che aveva comportato l’automatico scioglimento del matrimonio. Ciò era avvenuto malgrado la contrarietà della coppia (che aveva condiviso il cambio di sesso del marito da uomo a donna) che non aveva potuto neanche opporsi. Un sistema del tutto inadeguato ai tempi e ai cambiamenti nella stessa nozione di famiglia tanto più che la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, in diverse occasioni, ha affermato che ai soggetti che cambiano sesso deve essere assicurato il pieno godimento del diritto alla vita privata e familiare tutelato dall’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo. Pertanto, secondo la Corte di cassazione, si pone anche un problema di costituzionalità rispetto all’articolo 117 in ragione del contenuto dei parametri interposti costituiti dagli articoli 8 e 12 della Convenzione (diritto al matrimonio tra uomini e donne). Quest’ultima norma, inoltre, deve essere letta alla luce dell’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, affermando in termini generali che ognuno ha il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, tutela modelli matrimoniali diversi da quello eterosessuale che, tra l’altro, – precisa la Cassazione – non è più un canone di ordine pubblico interno o internazionale. Senza dimenticare che da una situazione di certezza giuridica si passa a una situazione di indeterminatezza contro la volontà dei coniugi, situazione che non è ugualmente conforme alla Convenzione europea come affermato dalla Corte di Strasburgo nel caso H. contro Finlandia (sentenza del 13 12 2012). Resta adesso da attendere la pronuncia della Corte costituzionale che potrebbe aprire la strada a uno sviluppo legislativo in grado di realizzare quella “felice contaminazione” (come precisato dalla Cassazione) tra fonti europee, convenzionali e interne.

1 Risposta

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *