Un freno alla consegna se il mandato di arresto è emesso per reati collegati ad altro crimine commesso in Italia

Se un reato è stato programmato o organizzato in Italia, anche solo in parte, scatta il divieto di consegna. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza  depositata il 27 aprile (n. 16115/12, doc224) con la quale la Suprema Corte ha chiarito l’applicabilità dell’articolo 18 della legge n. 69 del 22 aprile 2005 con la quale è stata recepita la decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna, norma che indica i casi di rifiuto di consegna. Nel caso in esame, la Corte di appello di Roma aveva dato il via libera alla consegna in esecuzione di un mandato emesso dalle autorità giudiziaria rumene nei confronti di un indagato sia in Italia che in Romania. I giudici di appello avevano ritenuto che la consegna potesse essere disposta seppure solo per due reati come la tratta di persone e il traffico di minori, mentre per gli altri reati, tra i quali lo sfruttamento della prostituzione per il quale l’individuo era già stato condannato in primo grado, si dovesse attendere il termine del procedimento in Italia. Una conclusione contraria alla legge, precisa la Cassazione, perché i due reati indicati  erano strettamente collegati proprio allo sfruttamento della prostituzione, commesso in Italia. Basta solo che un frammento della condotta si sia verificato in Italia, con un collegamento con la condotta realizzata all’estero per precludere la consegna. La tratta di esseri umani e il traffico di minori erano stati commessi per la realizzazione di un altro reato (sfruttamento della prostituzione) in Italia, situazione che richiede una trattazione unitaria sul territorio italiano.

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