Nella procedura passiva di consegna sulla base di un mandato di arresto europeo è indispensabile l’indicazione della pena inflitta e non quella da eseguire

Nell’emissione di un mandato di arresto europeo le autorità nazionali richiedenti devono indicare unicamente la pena inflitta e non quella da eseguire. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza depositata il 27 aprile 2012 (16117/12, 16117) con la quale la Suprema Corte ha colto l’occasione per precisare la differenza tra la procedura attiva e quella passiva di consegna ai fini dell’indicazione della pena. Il via libera all’esecuzione del mandato di arresto arrivato dalle autorità bulgare era stato dato dalla Corte di appello di Venezia verificato che il provvedimento era stato emesso per dare esecuzione a una sentenza di condanna a cinque anni per furto e distruzione di beni immobili. Il condannato aveva presentato ricorso in Cassazione ritenendo che non vi era stata una precisa determinazione della pena da parte delle autorità bulgare che avevano indicato la pena inflitta e non quella da eseguire. Una posizione respinta dalla Cassazione secondo la quale, in base alla decisione quadro, nei casi di procedimenti passivi è necessario specificare la pena inflitta e che essa sia superiore nel minimo a quattro mesi, senza alcuna previsione sull’effettiva pena da eseguire. Di qui il sì alla consegna.

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