Nessuna discriminazione se gli Stati vietano alle coppie dello stesso sesso l’adozione. Lo dice la CEDU. Per la Cassazione il legislatore nazionale deve intervenire a garantire il diritto a una vita familiare a coppie omosessuali

Da un lato la pronuncia della Corte di Cassazione di ieri che, con sentenza n. 4184/12 (http://static.ilsole24ore.com/DocStore/Professionisti/AltraDocumentazione/body/13100001-13200000/13152889.pdf) pur negando la trascrizione di un atto di matrimonio celebrato in Olanda da una coppia omosessuale, riconosce il diritto delle coppie dello stesso sesso ad avere una vita familiare anche alla luce delle pronunce della Corte europea, di atti internazionali e dell’Unione europea. Dall’altro lato, sempre ieri, la stessa Corte di Strasburgo che, invece, preserva la libertà degli Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo di vietare la possibilità di adozione al partner di una coppia dello stesso sesso. Con sentenza Gas e Dubois contro Francia (n. 25951/07, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=25951/07&sessionid=88568520&skin=hudoc-en) la Corte europea ha respinto il ricorso di due donne secondo le quali la Francia aveva violato l’articolo 8, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell’articolo 14 che vieta ogni forma di discriminazione. Dopo la nascita di una bambina attraverso il ricorso, da parte di una delle donne, alla procreazione assistita in Belgio che consente il ricorso al donatore anonimo, l’altra donna aveva chiesto di adottare la bambina anche in ragione dell’unione registrata tra le due partner sin dal 2002. Di fronte al no delle autorità giudiziarie francesi si erano rivolte a Strasburgo che però non ha accolto il ricorso. Questo perché, precisano i giudici internazionali, la situazione di coppie dello stesso sesso che aderiscono alle unioni registrate non è comparabile a quella delle coppie sposate. In quest’ultimo caso, il secondo genitore può procedere all’adozione del minore figlio unicamente dell’altro coniuge, mentre non lo può fare, per le leggi francesi, il partner dell’unione registrata. Per la Corte, inoltre, alla luce delle differenze ancora esistenti tra gli Stati parti alla Convenzione in relazione ai diritti da riconoscere a coppie non eterosessuali deve essere garantito alle autorità nazionali un ampio margine di apprezzamento nell’individuazione dei diritti da riconoscere a coppie dello stesso sesso. A ciò si aggiunga che, ad avviso della Corte, la situazione delle coppie che aderiscono ai PACS non è equiparabile, per il diritto francese, a quelle della coppie che contraggono matrimonio e che il ricorso all’adozione semplice non è possibile, in via generale, per l’ordinamento nazionale, a ogni persona che fa parte di un’unione registrata. Di qui l’assenza di violazioni della Convenzione tanto più che – osserva Strasburgo – il diritto al matrimonio di coppie omosessuali non deriva in alcun modo dagli articoli 8 e 14 della Convenzione europea.

Per quanto riguarda invece la pronuncia della Cassazione, di particolare interesse per la ricostruzione della nozione di ordine pubblico, la Suprema Corte non ha ammesso la trascrizione del matrimonio contratto all’estero da una coppia omosessuale di italiani, ma non perché detta unione fosse contraria all’ordine pubblico o fosse addirittura inesistente, ma in ragione dell’inidoneità a produrre effetti giuridici nell’ordinamento italiano di un simile atto. Tuttavia, la Corte ha chiesto un intervento del legislatore che tenga conto degli sviluppi sul piano dell’ordinamento internazionale e dell’Unione europea per garantire alle coppie dello stesso sesso una vita familiare.

Si ringrazia Guida al diritto per la sentenza della Cassazione.

Si veda anche il post del 14 marzo 2012.

 

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