Contrabbando e mandato di arresto europeo: chiarimenti sul requisito della doppia punibilità

Per i reati in materia fiscale, doganale e valutaria il requisito della doppia punibilità nei casi di applicazione del mandato di arresto europeo non richiede che la legge italiana imponga lo stesso tipo di tasse o di imposte, “né che contenga lo stesso tipo di disciplina in tale materia, rispetto allo Stato membro di emissione”. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione feriale penale, con la sentenza n. 32377 depositata il 9 agosto (32377) con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino rumeno che si opponeva alla consegna disposta dalla Corte di appello di Torino. Le autorità giudiziarie rumene avevano chiesto la consegna dell’uomo condannato in patria per guida senza patente e contrabbando e i giudici italiani, in linea con la decisione quadro 2002/584 recante disposizioni in materia di mandato di arresto europeo e di procedure di consegna tra Stati membri, poi modificata dalla n. 2009/299/GAI, recepita con legge n. 69/2005, modificata dal decreto legislativo n. 10 del 2 febbraio 2021, avevano dato il via libera alla consegna. L’uomo sosteneva che non era stato rispettato il requisito della doppia punibilità per il reato di contrabbando e non era stato considerato il radicamento in Italia (aspetto che era stato valutato ed escluso dalla Corte di appello). Tesi respinte dalla Cassazione secondo la quale la “novella, alla regola generale per cui l’Italia dà esecuzione al mandato d’arresto europeo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale, si è limitata ad aggiungere l’inciso ‘indipendentemente dalla qualificazione giuridica e dai singoli elementi costitutivi del reato’ (comma 1), tenendo fermo, nel comma successivo, dedicato esplicitamente ai reati in materia fiscale, doganale e valutaria, il principio secondo cui non è necessario che la legge italiana imponga lo stesso tipo di tasse o imposte, né che contenga lo stesso tipo di disciplina in tale materia, rispetto allo Stato membro di emissione”. La modifica normativa, quindi, non ha inciso sulla qualificazione del requisito della doppia incriminabilità e, quindi, non è richiesto che “lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell’ordinamento italiano”. Ciò che conta, infatti, è che il reato sia punibile da entrambi gli ordinamenti, mentre è irrilevante l’eventuale diversità del titolo, degli elementi richiesti per la configurazione del reato o del trattamento sanzionatorio. Non è richiesta, infatti, la “perfetta sovrapposizione tra la fattispecie prevista dall’ordinamento estero e quella contemplata dall’ordinamento italiano” a condizione che siano “analogicamente assimilabili”. Pertanto, per la Cassazione, la consegna alle autorità rumene è stata conforme al quadro normativo interno ed europeo.

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