La Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con sentenza n. 15364 depositata il 3 giugno interviene sull’individuazione del giudice competente nel caso di prestazione d’opera intellettuale, per il compenso a un professionista legale e tutela del cliente-consumatore (15364). In particolare, la Suprema Corte si è pronunciata per chiarire i diritti del consumatore che eccepisce l’incompetenza di un giudice di uno Stato membro (in questo caso italiano) ai sensi del regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I bis) e gli oneri probatori a suo carico.
Due avvocati si erano rivolti al Tribunale di Bolzano per ottenere il pagamento del compenso professionale dovuto da una cittadina tedesca che aveva usufruito della loro attività difensiva relativa a un procedimento per un incidente sulle piste di sci. La donna aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano a vantaggio di quello tedesco, ma il Tribunale di Bolzano l’aveva respinta ritenendo che non fosse stato dimostrato che le attività del professionista erano rivolte direttamente nello Stato del suo domicilio, condannandola a versare l’importo di circa 7.500 euro ai difensori. Dello stesso avviso i giudici di appello, secondo i quali la donna non aveva dimostrato le condizioni di applicabilità dell’articolo 17 del regolamento relativo ai consumatori, situazione che rendeva applicabile l’articolo 7 e, quindi, la devoluzione della causa al giudice del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio. Così la donna si è rivolta alla Cassazione sostenendo che era stato violato il regolamento n. 1215/2012, tesi condivisa dalla Cassazione. Nei rapporti tra avvocato e cliente – precisa la Suprema Corte – quest’ultimo ha la qualità di consumatore. Pertanto, va applicato l’articolo 17 del regolamento n. 1215/2012 che radica la giurisdizione nel luogo del domicilio del consumatore. Tuttavia, la Suprema Corte evidenzia che è necessario dimostrare che il professionista abbia manifestato la volontà di stabilire rapporti con i consumatori di uno o più Stati membri “tra cui quello sul territorio nel quale il consumatore è domiciliato”. Quest’accertamento va compiuto in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, in particolare considerando, tra i diversi parametri, se il legale intendeva trattare con consumatori residenti in altri Stati membri tra i quali quello sul cui territorio il consumatore è domiciliato. Nel caso in esame, il giudice di primo grado, malgrado la donna avesse sin da subito eccepito il difetto di giurisdizione, non ha effettuato tale verifica con riguardo alla direzione dell’attività dei legali, sostenendo che era il consumatore a dover provare tale requisito. In base alla giurisprudenza della Corte di giustizia, invece, il giudice nazionale, nel contesto dell’analisi della nozione di consumatore ai sensi dell’articolo 17 del regolamento UE, avrebbe dovuto esaminare direttamente la propria competenza internazionale “sugli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo e alla luce di tutte le informazioni” di cui disponeva, incluse le contestazioni del convenuto. Questa interpretazione è in linea con l’articolo 26, par. 2 del regolamento Bruxelles I bis in base al quale in caso di proroga tacita della competenza giurisdizionale, al fine di tutelare la parte debole ossia il consumatore, l’autorità giurisdizionale è tenuta, prima di dichiararsi competente, a verificare che “il convenuto sia informato del suo diritto di eccepire l’insussistenza della competenza nonché delle conseguenze della comparizione o della mancata comparizione”. Sarebbe incongruo – osserva la Cassazione – ritenere che, in un caso, il convenuto debba essere informato del suo diritto di eccepire l’insussistenza della competenza e non lo sia in ogni altro caso in cui il consumatore eccepisca l’incompetenza internazionale. Così, il consumatore ha diritto di attingere liberamente “a tutto il materiale probatorio… a prescindere dall’eventuale proposizione di una specifica eccezione relativa ad uno dei profili disciplinati dall’articolo 17 paragrafo 1”. Alla luce di quest’analisi, la Corte di Cassazione, verificato che da una lettera si desumeva l’elevato numero di clienti provenienti dalla Germania e che questa è la prova “dell’indirizzamento all’estero dell’attività dei professionisti”, ha escluso la giurisdizione del giudice italiano, riconoscendo quella dei giudici tedeschi.
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