Unione europea: il registro dei lobbisti tra luci e ombre

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Il registro c’è, ma non sempre è in grado di assicurare la trasparenza necessaria nei rapporti tra lobbisti e istituzioni Ue. Dalla relazione speciale intitolata “Il registro per la trasparenza dell’UE – Informazioni utili, ma limitate nell’attività di lobbying”, presentato dalla Corte dei conti europea (attività di lobbying) e frutto di un’attività di audit che ha coperto il periodo 2019-2022 (non includendo così il caso “Qatargate”), emerge l’utilità di tale registro, ma anche le possibilità di eludere le regole e ridurre così la trasparenza e incrinare la fiducia dei cittadini. La Corte dei Conti europea ritiene che il sistema di lobbying sia necessario nelle democrazie per fare in modo che organizzazioni e singoli partecipino ai processi decisionali. L’accordo interistituzionale concluso tra Parlamento Ue, Consiglio e Commissione nel 2021, che ha introdotto il principio di condizionalità secondo il quale i membri o il personale delle istituzioni firmatarie sono tenuti a interagire esclusivamente con i lobbisti registrati, rispetta i principi internazionali in materia di trasparenza, ma lascia troppa discrezionalità alle istituzioni e non stabilisce requisiti minimi per l’attuazione. Di conseguenza, le istituzioni hanno trovato spazi di fuga per attenuarne gli effetti. In particolare, malgrado l’obbligo di registrazione per lo svolgimento delle attività di lobbying, è previsto che i lobbisti siano tenuti a registrarsi solo per determinate riunioni e attività. Alcune criticità sono emerse proprio nel caso del Qatargate in cui “un’organizzazione non governativa coinvolta aveva co-organizzato una conferenza al Parlamento nel giugno 2022, pur non essendo iscritta nel registro”. I controlli ci sono: tra il 2019 e il 2022 sono stati rimossi circa 1.000 lobbisti all’anno per motivi amministrativi, mentre solo sei a seguito di indagini. Ad avviso della Corte dei Conti vanno colmate alcune lacune prevedendo l’obbligo di tenere un registro ufficiale delle riunioni spontanee, delle telefonate non programmate e degli scambi di e-mail, nonché l’obbligo di registrazione nel caso di incontri con funzionari di livello inferiore rispetto a quello di direttore generale. Va rafforzata, inoltre, la pubblicazione delle informazioni che deve avvenire in modo sistematico.

Per quanto riguarda i dati, il numero dei lobbisti iscritti nel registro per la trasparenza dell’Ue è aumentato in modo netto passando da 5.500 nel 2012 a 12.500 nel 2024. L’iscrizione avviene su base facoltativa in base a un accordo interistituzionale che – precisa la Corte – non è un atto legislativo esecutivo e, quindi, ciò impedisce l’applicazione di sanzioni anche se in determinate situazioni è stato possibile procedere alla rimozione di alcune organizzazioni dal registro. In ogni caso, dopo il Qatargate, le singoli istituzioni hanno adottato taluni provvedimenti per migliorare la trasparenza. Per quanto riguarda gli Stati membri, otto Stati (Germania, Irlanda, Grecia, Francia, Lituania, Austria, Polonia e Slovenia) hanno istituito sistemi di registrazione obbligatoria per i registri e quattro hanno registri su base volontaria (Belgio, Italia, Paesi Bassi e Romania).

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