Una decisione storica quella adottata dalla Corte internazionale di giustizia con l’ordinanza del 26 gennaio 2024 con la quale la Corte dell’Aja ha accolto, almeno in parte, la richiesta di misure cautelari invocate dal Sudafrica che ha presentato un ricorso per le possibili violazioni da parte di Israele, nella Striscia di Gaza, della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948 (Order). Prima di tutto, la Corte ha accertato la competenza prima facie sulla controversia tra i due Stati, entrambi parti alla Convenzione. Verificato che sussiste una controversia ai sensi della Convenzione, la Corte è passata a esaminare la necessità di adottare le misure cautelari richieste dal Sudafrica. La Corte ha, in primo luogo, accertato che i palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza possono essere configurati come un gruppo ai sensi della Convenzione e devono, quindi, essere protetti da atti di genocidio perché sussiste un rischio di un pregiudizio irreparabile e imminente che impone l’adozione delle misure cautelari. La popolazione di Gaza – scrive la Corte – si trova in una situazione di estrema vulnerabilità che potrebbe durare per molti mesi come risulta dalle dichiarazioni del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu il quale ha dichiarato che le operazioni a Gaza potrebbero continuare anche nel 2025 (https://www.timesofisrael.com/netanyahu-says-war-against-hamas-set-to-continue-into-2025-tv-report/). Di conseguenza, poiché c’è il rischio che la catastrofica situazione umanitaria possa peggiorare fino al momento in cui ci sarà la pronuncia di merito, la Corte ha accolto, almeno in parte, la richiesta di misure cautelari (sei). In base all’ordinanza della Corte, Israele è tenuto a prevenire la commissione degli atti vietati dall’articolo 2 della Convenzione e a impedire che i propri militari commettano quegli atti. Inoltre, Tel Aviv deve prevenire e punire l’incitamento al genocidio e adottare misure per garantire l’assistenza umanitaria e preservare le prove. Dal momento dell’adozione dell’ordinanza, Israele deve presentare, entro un mese, un rapporto sull’esecuzione delle misure cautelari che, va ricordato, sono vincolanti. Respinta, invece, la richiesta del cessate in fuoco, mentre la Corte ha chiesto a tutte le parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario. Inoltre, seppure non nella parte del dispositivo, la Corte ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas.
Qui le dichiarazioni dei giudici Dich. Nolte, Dich. Bhandari, XUE, Barak., e l’unica opinione dissenziente della giudice Sebutinde.
La partita sulle misure cautelari non è ancora chiusa perché il Sudafrica, sulla base dell’articolo 75 del Regolamento della Corte, il 12 febbraio ha così presentato una nuova richiesta alla Corte internazionale di giustizia in cui, a seguito dell’offensiva israeliana nella città di Rafah, ha chiesto nuovamente alla Corte di intervenire con estrema urgenza (Sudafrica). Israele, dal canto suo, ha contestato, con le osservazioni depositate il 15 febbraio (Israele), la richiesta del Sudafrica anche sul piano procedurale. In particolare, secondo Tel Aviv, risulta errato il ricorso all’articolo 75 del Regolamento della Corte che si occupa del diritto della Corte di indicare misure cautelari proprio motu e non su richiesta delle parti. Inoltre, Israele ritiene che proprio la circostanza che la Corte internazionale di giustizia non abbia accolto la richiesta del cessate il fuoco implica un riconoscimento a Israele del diritto di legittima difesa a seguito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre.
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