Non è contraria all’ordine pubblico una sentenza rotale che dispone la nullità del matrimonio malgrado i due coniugi abbiano vissuto sotto lo stesso tetto

Via libera al riconoscimento di una sentenza del tribunale ecclesiastico che dichiara la nullità del matrimonio anche se i due ex coniugi hanno coabitato per un lungo periodo dopo la celebrazione del rito dichiarato nullo dalla Sacra Rota. Lo ha deciso la Corte di casssazione, prima sezione civile, con sentenza dell’8 febbraio 2012 n. 1780/12 (cassazione-1780). Alla Suprema Corte si era rivolta una donna che riteneva la pronuncia della Corte di appello di Genova, che aveva dichiarato l’efficacia in Italia della sentenza rotale dichiarativa della nullità del matrimonio, contraria all’ordine pubblico. Per la donna mancavano i presupposti fissati dall’articolo 64 della legge n. 218/95 e, di conseguenza, la sentenza ecclesiastica non doveva essere delibata. Una tesi respinta dalla Suprema Corte. Prima di tutto – ha chiarito la Cassazione – l’esame di un motivo di ordine pubblico, identificato nei principi etici politici su cui si fonda l’ordinamento italiano, è un impedimento assoluto alla riconoscibilità della decisione ecclesiastica e deve essere rilevato d’ufficio dal giudice. Nel caso di specie, però, la Corte ritiene che la semplice coabitazione materiale non implichi una convivenza significativa indice di un legame familiare. Di conseguenza il dato temporale della durata del vincolo è insufficiente “ad integrare la causa ostativa di ordine pubblico al recepimento della sentenza ecclesiastica”

 

Si ringrazia Il Sole 24 ore per la sentenza.

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