I giudici nazionali sono tenuti ad esaminare la documentazione prodotta dalla persona della quale è stata richiesta la consegna per dimostrare la residenza in Italia e il legame con lo Stato anche nei casi in cui la richiesta arrivi per l’esecuzione di un mandato di arresto processuale nei confronti di un cittadino extra-Ue perché le garanzie legate al reinvio in vista del reinserimento sociale incidono sull’esecuzione di ogni mandato di arresto. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 43252 depositata il 24 ottobre (43252). La richiesta di consegna, riguardante un minore accusato di stupro in Germania, era arrivata dalle autorità tedesche. La Corte di appello di Roma, sezione minorenni, aveva disposto la consegna per l’esercizio dell’azione penale per il reato di violenza sessuale. Il minore era stato arrestato nel momento in cui era arrivato da Tunisi in Italia. La Corte di appello aveva escluso di dover valutare per l’esecuzione del mandato di arresto processuale il radicamento della persona, cittadino tunisino ma nato e residente in Italia e aveva affermato che il diniego alla consegna di un cittadino extra Ue in caso di radicamento non si estende al mandato di arresto processuale. La Corte di cassazione, invece, ha accolto il ricorso del consegnando ritenendo che in base all’articolo 18-bis comma 2-bis della legge n. 69 del 2005 il giovane non avrebbe dovuto essere consegnato perché non era stata presa in considerazione la continuità della residenza in Italia. Il ricorrente – precisa la Cassazione – era cittadino tunisino, ma era nato in Italia e aveva un permesso di soggiorno di lunga durata valido fino al 2031. Inoltre, egli aveva un contratto di lavoro, pur non parlando la lingua italiana ed era sempre vissuto in Italia con la sua famiglia. La Corte di appello, quindi, avrebbe dovuto esaminare la documentazione volta a stabilire il radicamento in Italia, mentre i giudici di appello avevano escluso ogni rilievo a questi aspetti ritenendo che il radicamento andasse valutato solo nel caso di mandato di arresto esecutivo e non processuale, in linea con la sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2023 e del d.l. n. 69/2023 convertito con modificazioni con la legge n. 103/2023. Per la Cassazione, questa interpretazione del mandato di arresto processuale e delle pronunce indicate “non è fondata alla stregua della c.d. garanzia di re-invio disposta dall’art. 19, lett. b, l”. La Corte costituzionale – osserva la Cassazione – ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 18-bis, comma 2, della legge n. 69 del 2005 “nella parte in cui non prevede che la Corte di appello possa rifiutare la consegna di una persona ricercata cittadina di uno Stato terzo, che legittimamente ed effettivamente abbia la residenza o dimora nel territorio italiano da almeno cinque anni e sia sufficientemente integrata in Italia, sempre che la Corte di appello disponga che la pena o la misura di sicurezza sia eseguita in Italia”. Di conseguenza il mandato di arresto esecutivo è stato modificato con la legge n. 103/2023 prevedendo il rifiuto della consegna “della persona che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano” e positivizzando indici già individuati dalla giurisprudenza di legittimità per provare il radicamento. È vero che con la legge n. 103 è rimasta una differenza tra mandato di arresto processuale ed esecutivo, ma la garanzia connessa al radicamento (ossia il re-invio nel Paese che ha proceduto alla consegna) va estesa ai soggetti effettivamente dimoranti in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano proprio tenendo conto dell’obbligo del re-invio in Italia in vista del reinserimento sociale. Di qui la formulazione del principio di diritto in base al quale “quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini di un’azione penale nei confronti di un cittadino italiano o di una persona che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, l’esecuzione del mandato è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata sottoposta a processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena…eventualmente applicata nei suoi confronti nello Stato membro di emissione”. Annullata, quindi, con rinvio alla Corte di appello, la pronuncia che aveva dato il via libera alla consegna.
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